L’identificazione è nota alla psicoanalisi come la prima manifestazione di un legame emotivo con un’altra persona. Essa svolge una sua funzione nella preistoria del complesso edipico. Il maschietto manifesta un interesse particolare per il proprio padre, vorrebbe divenire ed essere come lui, sostituirlo in tutto e per tutto. Diciamolo tranquillamente: egli assume il padre come proprio ideale. Questo comportamento non ha nulla a che fare con un atteggiamento passivo o femmineo nei riguardi del padre (e del maschio in genere); esso è anzi squisitamente maschile. Si accorda benissimo con il complesso edipico, che contribuisce a preparare.
Contemporaneamente a tale identificazione con il padre, forse anche prima, il maschietto ha cominciato a sviluppare un vero e proprio investimento oggettuale nei confronti di sua madre, del tipo “per appoggio”.322 Sono quindi presenti in lui due legami psicologicamente diversi: un investimento oggettuale nettamente sessuale verso la madre, un’identificazione con il padre inteso come modello. Questi due legami sussistono per un certo tempo insieme, senza influire l’uno sull’altro e senza disturbarsi; poi, in virtù della progressiva e incessante unificazione della vita psichica, essi finiscono per incontrarsi e da tale loro confluire scaturisce il normale complesso edipico. Il piccolo nota che il padre gli sbarra la via che conduce alla madre; la sua identificazione con il padre assume ora una colorazione ostile e finisce per coincidere con il desiderio di sostituirsi al padre anche presso la madre. L’identificazione è comunque ambivalente fin dall’inizio; può tendere tanto all’espressione della tenerezza quanto al desiderio dell’allontanamento. Si comporta come un derivato della prima fase orale dell’organizzazione libidica, nella quale l’oggetto bramato e apprezzato veniva incorporato durante il pasto e perciò distrutto in quanto tale. Come è noto, il cannibale rimane fermo a tale stadio; egli ama i nemici che mangia e non mangia se non quelli che in qualche modo può amare.323
Il destino di tale identificazione col padre viene in seguito facilmente perduto di vista. Può accadere che il complesso edipico soggiaccia a un capovolgimento, e che, grazie a un atteggiamento femmineo, il padre venga assunto come l’oggetto dal quale le pulsioni sessuali dirette si attendono il proprio soddisfacimento; in tal caso l’identificazione col padre ha costituito la premessa di un legame oggettuale con lui. Fatte le debite sostituzioni, lo stesso vale anche per la figlioletta.324
È facile esprimere in una formula la differenza tra tale identificazione col padre e la scelta del padre come oggetto. Nel primo caso il padre è ciò che si vorrebbe essere, nel secondo ciò che si vorrebbe avere. La differenza sta quindi in ciò: se il legame concerne il soggetto oppure l’oggetto dell’Io. Il primo tipo di legame è pertanto possibile già prima di qualsiasi scelta d’oggetto sessuale. Assai più difficile è descrivere tale diversità in termini perspicui sotto il profilo metapsicologico. Si nota soltanto che l’identificazione tende a configurare il proprio Io alla stregua dell’Io della persona assunta come “modello”.
Cerchiamo di estrarre da un intricato contesto il processo di identificazione nella formazione di un sintomo nevrotico. Facciamo il caso che la bimba di cui intendiamo ora parlare contragga il medesimo sintomo tormentoso di sua madre, ad esempio una tosse molesta. Ci sono varie strade che possono portare a questo esito. O l’identificazione è quella derivante dal complesso edipico e sta a significare un desiderio di sostituire la madre ispirato a ostilità: in questo caso il sintomo esprime l’amore oggettuale per il padre, attua il desiderio di prendere il posto della madre, ma sotto l’influsso del senso di colpa: “Hai voluto esser tua madre, e ora lo sei, se non altro nella sofferenza.” È questo il meccanismo completo della formazione dei sintomi isterici. Oppure il sintomo è identico a quello della persona amata (come accade a Dora, nel Frammento di un’analisi d’isteria, che imita la tosse del padre);325 in questo caso l’unico modo di descrivere la situazione è dire che l’identificazione è subentrata al posto della scelta oggettuale, e la scelta oggettuale è regredita fino all’identificazione. Già sappiamo che l’identificazione è la più primitiva e originaria forma di legame emotivo; nelle condizioni in cui si forma il sintomo, là dove esistano cioè rimozione e predominio dei meccanismi dell’inconscio, capita spesso che la scelta oggettuale ridiventi identificazione, dunque che l’Io assuma su di sé le caratteristiche dell’oggetto.
Degno di nota è il fatto che in queste identificazioni l’Io copia ora la persona non amata, ora invece quella amata. Deve del pari attirare la nostra attenzione il fatto che nell’uno e nell’altro caso l’identificazione è un’identificazione parziale, assai circoscritta, che si appropria soltanto di un aspetto della persona che è oggetto d’identificazione.
C’è un terzo caso, particolarmente frequente e importante, di formazione del sintomo: quello in cui l’identificazione prescinde interamente dal rapporto oggettuale con la persona copiata. Può accadere ad esempio, in un collegio, che una delle ragazze riceva da un giovane che ama segretamente una lettera che la fa ingelosire e alla quale reagisce con un attacco isterico; alcune delle sue amiche, al corrente della cosa, contraggono l’attacco per via di ciò che noi chiamiamo “infezione psichica”. Il meccanismo è quello dell’identificazione indotta dalla possibilità o dalla volontà di trasporsi nella medesima situazione. Anche le altre vorrebbero avere una relazione amorosa segreta e, soggiacendo al senso di colpa, accettano del pari la sofferenza che a tale situazione è connessa. Sarebbe però inesatto affermare che fanno proprio il sintomo per “simpatia”.326 Al contrario, proprio la simpatia scaturisce dall’identificazione; prova ne sia che tale infezione o imitazione ha luogo anche in circostanze in cui la simpatia preesistente fra le due persone è verosimilmente ancora minore di quella che c’è di solito fra compagne di collegio. Uno dei due Io ha percepito un’analogia significativa con l’altro in un punto preciso, nel nostro esempio nella propensione a un ugual sentimento; su tale fondamento si instaura un’identificazione in quel punto e, al sopraggiungere della situazione patogena, quest’identificazione risulta spostata sul sintomo prodotto dal primo Io. L’identificazione tramite il sintomo attesta così che esiste fra i due Io un luogo di coincidenza che va tenuto in stato di rimozione.
Ciò che abbiamo appreso da queste tre fonti può venir compendiato nel modo seguente: in primo luogo l’identificazione è la forma più originaria di legame emotivo con un oggetto; in secondo luogo essa può diventare per via regressiva il sostituto di un legame oggettuale libidico in certo modo mediante introiezione dell’oggetto nell’Io; in terzo luogo essa può insorgere in rapporto a qualsiasi aspetto posseduto in comune – e in precedenza non percepito – con una persona che non è oggetto delle pulsioni sessuali. Quanto più significativo è tale aspetto posseduto in comune, tanto più riuscita deve poter divenire quest’identificazione parziale, così da corrispondere all’inizio di un nuovo legame.
Siamo già in grado di intuire che il legame reciproco tra gli individui componenti la massa ha la natura di quest’ultima identificazione dovuta a un’importante comunanza affettiva; e possiamo supporre che questa comunanza sia data dal tipo di legame che si stabilisce con il capo. Ma intuiamo anche un’altra cosa: che siamo lungi dall’aver trattato esaurientemente il problema dell’identificazione e che ci troviamo in presenza del processo che la psicologia chiama “immedesimazione”,327 e che più di ogni altro ci permette d’intendere l’Io estraneo di altre persone. Qui però vogliamo limitarci a considerare le conseguenze affettive più immediate dell’identificazione, prescindendo dalla sua rilevanza per la nostra vita intellettuale.
La ricerca psicoanalitica, che si è occasionalmente occupata anche dei problemi piuttosto complicati delle psicosi, è già riuscita a illustrarci l’identificazione in alcuni altri casi non immediatamente accessibili alla nostra comprensione. Tratterò a fondo due di questi casi per fornire del materiale alle nostre ulteriori riflessioni.
La genesi dell’omosessualità maschile è in un gran numero di casi la seguente.328 Un giovane maschio è stato insolitamente a lungo e troppo intensamente fissato alla madre nel senso del complesso edipico. Quando la pubertà è trascorsa egli si trova però a dover rimpiazzare la madre con un altro oggetto sessuale. Avviene allora un improvviso cambiamento; l’adolescente non abbandona sua madre e cerca ora oggetti che possano per lui sostituire il proprio Io, oggetti ai quali poter dedicare quell’amore e quelle cure che ricevette un tempo da sua madre. Si tratta di un processo frequente, di cui è sempre possibile trovar conferma e che naturalmente è del tutto indipendente da qualsivoglia ipotesi circa la forza motrice organica e i motivi di tale svolta improvvisa. Ciò che in tale identificazione colpisce è la sua portata; essa trasforma l’Io in un suo aspetto importantissimo, e cioè il carattere sessuale, in base al modello di quello che fino allora era stato l’oggetto sessuale. Nel contempo l’oggetto come tale viene abbandonato; se per intero, o solo nel senso che rimane conservato nell’inconscio, è un problema che esula dall’ambito della presente disamina. L’identificazione con l’oggetto abbandonato o perduto, intesa a sostituirlo, l’introiezione di tale oggetto nell’Io, non è certo più una novità per noi. Tale processo può essere a volte direttamente osservato nel bambino piccolo. Nell’“Internationale Zeitschrift für Psychoanalyse” è stata di recente data notizia di un caso del genere:329 un bambino, infelice per la perdita di un gattino, dichiarava senz’altro di essere lui stesso il gattino e conseguentemente camminava carponi, non voleva mangiare a tavola e così via.
Un altro esempio di tale introiezione dell’oggetto ci è stato offerto dall’analisi della melanconia, affezione che fra le sue cause immediate più rilevanti annovera la perdita reale o affettiva dell’oggetto amato. Una delle caratteristiche più significative di tali casi è la crudele autodenigrazione dell’Io, alla quale si accompagnano un’implacabile autocritica e aspri autorimproveri. Dalle analisi è risultato che questa svalutazione e questi rimproveri sono sostanzialmente rivolti all’oggetto dando espressione alla vendetta dell’Io su questo. Come ho detto altrove, l’ombra dell’oggetto è caduta sull’Io.330 L’introiezione dell’oggetto è qui assolutamente evidente.
Queste melanconie ci mostrano però anche qualcosa d’altro, qualcosa che può assumere importanza ai fini delle nostre ulteriori considerazioni. Ci mostrano l’Io diviso, scisso in due parti, una delle quali infierisce sull’altra. Quest’altra parte è quella modificata dall’introiezione, è quella che include l’oggetto perduto. Ma neanche la parte che si comporta in maniera così crudele ci è ignota. Essa include la coscienza morale, un’istanza critica nell’ambito dell’Io che anche in tempi normali criticamente si contrappone all’Io, seppure mai così spietatamente e in maniera così ingiusta. Già in precedenti occasioni331 abbiamo dovuto avanzare l’ipotesi che nel nostro Io si sviluppi un’istanza suscettibile di separarsi dal resto dell’Io e di entrare con esso in conflitto. L’abbiamo chiamata “ideale dell’Io” e le abbiamo attribuito come funzioni l’autosservazione, la coscienza morale, la censura onirica e l’influsso determinante nel processo di rimozione. Abbiamo detto che essa è l’erede del narcisismo originario, nel quale l’Io del bambino bastava a se stesso. Essa a poco a poco fa proprie, traendole dagli influssi dell’ambiente, le richieste che quest’ultimo pone all’Io e a cui l’Io non sempre si dimostra pari: di modo che, qualora non possa essere soddisfatto del proprio Io in quanto tale, l’uomo possa trovare la propria soddisfazione nell’ideale dell’Io differenziatosi dall’Io. Abbiamo poi stabilito che nel delirio di essere osservati la scissione di questa istanza diventa palese rivelando fra l’altro la propria provenienza dagli influssi delle autorità, in primo luogo dell’autorità parentale.332 Non abbiamo però dimenticato di aggiungere che la misura dello scostarsi di questo ideale dell’Io dall’Io reale è assai variabile da individuo a individuo e che in molti casi questa differenziazione all’interno dell’Io non va al di là di quella già esistente nel bambino.
Prima di poterci avvalere di questo materiale per capire l’organizzazione libidica di una massa, dobbiamo prendere in considerazione alcuni altri esempi delle possibili relazioni reciproche fra l’oggetto e l’Io.333