10 Caratteri del diritto romano. Considerando tutte queste istituzioni la cui compilazione deve risalire a circa mezzo secolo prima della cacciata dei re, e la cui esistenza può lasciar dei dubbi in qualche particolare, ma non già nel suo insieme, vi riconosciamo le leggi d'una avanzatissima, liberale e logica città agricola e commerciale. Qui è già interamente scomparso il linguaggio convenzionale, metaforico, che si incontra nel diritto germanico. Non vi può esser dubbio che il simbolismo giuridico sia esistito una volta presso gli Italici; abbiamo di ciò memorabili prove, come ad esempio la forma delle visite domiciliari, in cui il cercatore, secondo gli usi romani, come pure tedeschi, doveva comparire senza sopravveste e colla sola tunica, e sopra ogni altro la antichissima formula latina della dichiarazione di guerra, in cui si scorgono due simboli usati anche presso i Celti e i Tedeschi: «l'erba pura» (herba pura e, in franco, chrene chruda), come simbolo del patrio suolo, e l'abbruciacchiata verga cruenta come segnale del principio della guerra. Ma il diritto romano, come noi lo conosciamo, salve poche eccezioni, in cui il rispetto dei riti religiosi proteggeva antichissimi costumi – come la dichiarazione di guerra che facevasi per mezzo del collegio dei feciali, e il rito della confarreazione per il matrimonio – respinge assolutamente, e, per principio, il simbolo, e vuole in tutti i casi, nè più nè meno, la piena e genuina espressione della volontà.
La consegna della cosa, l'invito per la testimonianza, il contratto di matrimonio, si eseguiscono secondo l'intenzione delle parti intelligibilmente espressa. Sopravviveva, bensì, l'usanza di consegnare materialmente la cosa acquistata nelle mani del nuovo proprietario; di tirar per l'orecchio il testimone; di coprire il capo alla sposa e di condurla in solenne processione alla casa del marito; ma tutti questi antichissimi usi, già secondo il più antico diritto romano, non avevano più alcun valore legale.
Per una tendenza analoga a quella che bandì dalla religione ogni allegoria, e quindi ogni personificazione, anche il diritto si spogliò di ogni simbolo. E nel diritto romano noi troviamo interamente scomparso quell'antichissimo stato di cose rivelatoci dalle istituzioni elleniche e germaniche, quando il potere dello stato trovavasi ancora in lotta coi capi dei piccoli consorzi di schiatte e di territori che erano venuti a metter capo nel comune; non troviamo alleanza offensiva e difensiva entro lo stato per supplire alla mancanza della forza pubblica; non esiste traccia della vendetta del sangue, o della limitazione del patrimonio fatta per disposizione dell'individuo.
Certo, somiglianti condizioni di convivenza devono essersi riscontrate una volta anche tra i popoli italici, e se ne vuole trovare un ricordo in alcune speciali istituzioni del diritto sacro, come ad esempio nel capro espiatorio, che l'involontario uccisore era tenuto dare ai più prossimi parenti dell'ucciso; ma anche in quella più antica età di Roma, che noi possiamo riscontrare nella storia, questa fase della vita sociale era già da lungo tempo superata. Nel comune romano la famiglia non è certamente assorbita; ma l'onnipotenza ideale e reale dello stato in tutto il territorio della repubblica è così poco limitata dalla famiglia, come dalla libertà che lo stato stesso accorda e garantisce a ciascun cittadino. Il supremo fondamento del diritto è sempre lo stato: la libertà non è che un'altra espressione del diritto civile nel più lato senso; tutta la proprietà si appoggia sulla formale e tacita trasmissione che il comune fa ai privati; il contratto è valido se il comune lo attesta per mezzo dei suoi rappresentanti, il testamento solo nel caso che il comune lo approvi. La sfera dello stato è divisa rigorosamente e con chiarezza da quella dei privati, come sono guardati sotto diverso aspetto i delitti di stato, di cui è immediata l'inquisizione per opera dello stato stesso e che importano pene capitali, e i delitti contro il cittadino o l'ospite, i quali prima possono venire scontati in via d'accomodamento o con multa, o colla soddisfazione della parte lesa, e non sono mai puniti colla morte, ma tutt'al più colla perdita della libertà. La massima larghezza per favorire l'incremento dei commerci si accoppia al più rigoroso sistema esecutivo, appunto come vediamo oggi negli stati commerciali combinata l'universale facoltà di emettere cambiali alla massima severità di procedura cambiaria.
Il cittadino e il cliente si trovano perfettamente eguali l'uno di fronte all'altro; trattati pubblici accordano un'ampia uguaglianza di diritto anche all'ospite; le donne, in quanto al diritto, sono pareggiate agli uomini, benchè nel fatto esse siano sottomesse a molte limitazioni, mentre l'adolescente, appena sia giunto ad una più ferma gioventù, ottiene il più largo diritto di disporre dei suoi beni; e in generale chiunque sia atto a disporre viene riconosciuto padrone nella sfera della sua privata proprietà, come lo stato lo è nel pubblico territorio. Caratteristico in sommo grado era il sistema del credito: non esisteva un credito fondiario, ma al debito ipotecario subentrava tosto il passaggio del fondo dal debitore al creditore, che è l'atto con cui oggi si conclude la procedura ipotecaria; in pari tempo il credito personale è garantito nel modo più esteso, e quasi esagerato, essendo il creditore autorizzato di trattare il debitore insolvibile come un ladro, accordandogli, con tutta serietà legislativa, quanto Shylok aveva stabilito per il suo nemico mortale, fissando, più sottilmente di quanto non abbia fatto l'ebreo, il punto del taglio[9].
Non poteva la legge esprimere più chiaramente l'intenzione di stabilire le possidenze rurali indipendenti e non indebitate e il credito mercantile, e nello stesso tempo di sopprimere colla più inesorabile severità ogni proprietà fittizia e di punire ogni mancanza di parola. Se s'aggiunge il diritto accordato già a tutti i Latini di stabilirsi nel paese e la validità del matrimonio civile, si riconoscerà che questo stato, il quale esigeva supremi sagrifici da' suoi cittadini ed esaltava l'idea della sudditanza del singolo alla collettività più che non vi riuscisse mai alcun altro stato nè prima nè poi, lo faceva e lo poteva fare solo perchè esso aveva a sua volta tolto ogni limitazione al commercio e aveva liberato nei rapporti privati la proprietà da ogni vincolo, mentre ne aveva segnato chiaramente i confini. Favorevole o severo, il diritto si presenta sempre assoluto. Come lo straniero che non ha patrono rassomiglia alla selvaggina da caccia, l'ospite invece è uguale al cittadino; il contratto ordinariamente non dà luogo ad azione giudiziaria, ma quando il diritto del creditore era riconosciuto esso diventa così efficace, che il disgraziato non trova nessuna speranza d'umano ed equo temperamento. Pare che la giurisprudenza romana si compiaccia e trionfi nell'aguzzare le più aspre angolosità, e tirare da ogni principio le estreme conseguenze, presentando violentemente, anche ai più lenti intelletti, il lato inesorabile del senso giuridico. La forma poetica, la penetrazione affettuosa, che informano piacevolmente gli ordini giudiziarii dei Germani, sono ignote ai Romani; nel loro diritto tutto è chiaro e conciso, non vi è alcun simbolo, e nessuna istituzione è di troppo. Non è crudele; ma tutto ciò che è necessario si esegue senza esitazione e senza temperamenti, anche la sentenza di morte. Che il libero cittadino non possa essere torturato è un principio antichissimo del diritto romano, per conseguire il quale altri popoli furono costretti a combattere migliaia d'anni. Ma lo stesso diritto romano colla sua inesorabile severità – che non si deve credere affatto mitigata da una pratica umana, poichè è un diritto di popolo – sostituì alle pene corporali una minaccia terribile, più terribile che non fossero i Piombi e le celle di tortura, le prigioni dei debitori insolventi, che in ogni casa signorile questi disgraziati vedevano in lunga fila allineate come sepolcri pronti ad ingoiarli vivi. Ma con ciò appunto si spiega la grandezza di Roma: il popolo stesso si è imposto e ha sopportato un diritto in cui dominavano, e oggi ancora dominano, nè falsati nè mitigati, gli eterni principî della libertà, della proprietà e della legalità.