18. L'occupazione della Numidia.
Le due colonne romane, una capitanata da Metello, l'altra da Mario che, ultimo per natali e per rango, dopo la battaglia sul Mutulo era alla testa dei comandanti del corpo, percorsero il territorio numida occupando le città e passando a fil di spada l'intera popolazione maschile di quelle che non aprivano loro le porte come ad amici.
Ma la più ragguardevole città nell'interno orientale, Zama, oppose ai Romani una seria resistenza a cui il re contribuì energicamente. A lui riuscì persino di sorprendere il campo dei Romani che si videro finalmente obbligati a togliere l'assedio e a ridursi nei quartieri d'inverno.
Per poter più facilmente alimentare le truppe, Metello trasferì il campo nella provincia romana dopo aver lasciato i necessari presidii nelle città espugnate, e approfittò della tregua per riallacciare le trattative mostrandosi disposto a concedere al re un'equa pace.
Giugurta accettò volentieri le proposte; si era già dichiarato disposto al pagamento di 200.000 libbre d'argento e aveva già persino consegnato i suoi elefanti e 300 ostaggi, con 3000 disertori romani che furono subito mandati a morte. Ma Metello si guadagnò nel medesimo tempo il più intimo consigliere del re, Bomilcare, il quale temeva, non a torto, che il re fatta la pace lo consegnasse ai tribunali romani come assassino di Massiva, e assicurandolo dell'impunità per quell'omicidio e promettendogli grandi ricompense lo indusse alla promessa di consegnare il re vivo o morto in mano dei Romani.
Però nè l'una nè l'altra via condussero alla mèta desiderata. Quando Metello fece nota la sua volontà, che il re dovesse costituirsi personalmente prigioniero, Giugurta ruppe le trattative; furono scoperti gli intrighi del nemico con Bomilcare, il quale fu preso e condannato nel capo.
Non faremo l'apologia di queste abbiettissime trame diplomatiche; ma i Romani non a torto tentavano di avere in loro potere la persona del loro avversario. La guerra era entrata in uno stadio da non potersi più continuare nè smettere. Dello spirito pubblico della Numidia è una prova la sollevazione di Vaga[7] la più ragguardevole città occupata dai Romani nell'inverno del 646-7 = 108-7, dove tutta la guarnigione romana, ufficiali e soldati, fu messa a pezzi, eccettuato il comandante Tito Turpilio Silano, il quale più tardi per sentenza del tribunale romano di guerra fu giustiziato per i segreti rapporti da lui avuti col nemico, non si sa se a ragione o a torto.
La città, due giorni dopo la sua sollevazione fu presa d'assalto da Metello e trattata con tutto il rigore del diritto di guerra: ma se l'animo degli abitanti sulle sponde del Bagrada, relativamente docili e miti, erano in tal modo irritati, cosa sarà stato di quello delle popolazioni interne e delle nomadi tribù del deserto?
Giugurta era l'idolo degli Africani, che in lui dimenticavano facilmente l'uomo due volte fratricida per riconoscere solo il salvatore e il vindice della nazione. Vent'anni dopo un corpo di truppe numide, che combatteva per i Romani in Italia, dovette essere in fretta rimandato in Africa, quando nelle file nemiche si mostrò il figlio di Giugurta; si capisce da questo come egli stesso fosse considerato dai suoi.
Come prevedere la fine della guerra in paesi dove la natura della popolazione e del suolo mettono in grado un capo, che possa fidarsi della simpatia della nazione, di prolungare la guerra con interminabili fazioni o di lasciarla per qualche tempo quietare per ridestarla a tempo e proseguirla con nuova energia?
Quando Metello nel 647 = 107 entrò di nuovo in campagna, Giugurta non pensava più a resistergli; ora qui, ora là, si mostrava in luoghi l'un dall'altro distanti; pareva che sarebbe più facile impadronirsi dei leoni che di questi cavalieri del deserto. Una battaglia che si diede, fu una vittoria, ma non si vedeva quali vantaggi avesse recato questa vittoria.
Il re si era inoltrato nel vastissimo deserto. Nell'interno dell'attuale Tunisia, sul confine dei gran deserto, sorgeva tra oasi ricche di sorgenti la piazza forte di Thala; aspettando tempi migliori Giugurta vi si era ritirato con i suoi figli, coi suoi tesori e col meglio delle sue truppe.
Metello non si peritò di seguire il re in un deserto dove convenne portare l'acqua in otri. Giunse a Thala e l'espugnò dopo quaranta giorni d'assedio; ma non solo i disertori romani distrussero la parte più preziosa del bottino coll'edificio entro cui, presa la città, abbruciarono se stessi, ma, quello che più importava, Giugurta coi figli e colle sue ricchezze scomparve.
La Numidia, era per così dire, interamente in potere dei Romani; ma si era lontani dall'aver raggiunto la mèta poichè la guerra si estendeva sopra un terreno sempre più vasto. A mezzogiorno le libere tribù getule del deserto, insorgendo all'appello di Giugurta, diedero principio alla guerra nazionale contro i Romani.