9. Cartagine e la Numidia.
Gettiamo prima di tutto uno sguardo sull'Africa.
L'ordine delle cose stabilito dai Romani nella Libia si fondava essenzialmente sull'equilibrio tra il regno nomade di Massinissa e la città di Cartagine. Mentre quel regno sotto il forte e savio governo di Massinissa si estendeva, si rafforzava e si inciviliva, Cartagine pure ritornava, in conseguenza della pace, almeno in ricchezze e popolazione, all'altezza della passata sua potenza politica.
Con mal celato timore i Romani osservavano l'indistruttibile floridezza dell'antica rivale; se essi fino allora di fronte a Cartagine avevano ricusato ogni serio appoggio alle incessanti usurpazioni di Massinissa, ora incominciarono ad intervenire palesemente in favore del confinante.
La contesa che da oltre trenta anni pendeva tra la città ed il re pel possesso d'Emporia, sulla piccola Sirte – una delle regioni più fertili del territorio cartaginese – fu finalmente verso l'anno 594 = 160 definita dai commissari romani, coll'obbligo per i cartaginesi di sgombrare dalle città emporitane che erano ancora in loro possesso e di pagare al re 500 talenti (L. 3,225.000) come indennità dell'illegale usufrutto di quel territorio. La conseguenza di questo giudizio fu che Massinissa s'impossessò immediatamente di un altro distretto sul confine occidentale del territorio cartaginese, della città Tusca e dei vasti campi bagnati dal Bagrada; nè ai Cartaginesi rimaneva altro che intentare senza speranza un'altra lite a Roma.
Dopo un lungo, e senza dubbio premeditato indugio, comparve in Africa una seconda commissione; ma non volendo i Cartaginesi accettare ciecamente una sentenza arbitrale senza previo scrupoloso esame della questione, e insistendo sulla discussione del diritto, i commissari ritornarono senz'altro a Roma.