3. Colonizzazione del paese di qua del Po.
Diversamente si procedette nel paese al di qua del Po, che il senato romano aveva deliberato d'incorporare all'Italia.
I Boi, che furono i primi ad essere colpiti da questa misura, si difesero col coraggio della disperazione.
Essi passarono persino il Po e tentarono di indurre gli Insubri a riprendere le armi (560=194); bloccarono un console nel suo campo e poco mancò ch'esso non soccombesse; Piacenza stessa resistette appena ai continui assalti degli irritati indigeni.
Presso Modena si diede finalmente l'ultima battaglia; fu lunga e sanguinosa, ma la vinsero i Romani (561=193) e da quel momento non vi fu più guerra, ma caccia di schiavi.
Nel paese dei Boi il campo dei Romani fu ben presto il solo asilo ove incominciò a rifugiarsi la miglior parte della popolazione rimasta ancora in vita; i vincitori potevano ben riferire a Roma senza esagerazione, che della nazione dei Boi ormai non rimanevano che vecchi e fanciulli.
Così dovette naturalmente rassegnarsi al destino che le era toccato.
I Romani chiesero la cessione della metà del territorio (563=191): non poteva venir rifiutata, e non passò molto che essi scomparvero anche dal suolo loro lasciato, fondendosi coi loro vincitori[1].
Dopo che i Romani ebbero così sgombrato il paese, riorganizzarono le fortezze di Piacenza e di Cremona, mandando nuovi coloni in luogo di quelli che negli ultimi difficili anni, erano in gran parte morti o dispersi.
Nell'antico territorio dei Senoni e sue vicinanze furono fondate Potenza (presso Recanati, non lungi da Ancona) e Pesaro (570=184), e nel paese dei Boi di recente acquisto le fortezze di Bologna (565=189), Modena e Parma (571=183), la seconda delle quali era già stata fondata prima della guerra annibalica che ne aveva soltanto interrotto il compimento.
Colla costruzione delle fortezze andò, come sempre, di pari passo la costruzione delle strade militari.
La via Flaminia fu prolungata col nome di via Emilia da Rimini, suo punto estremo, sino a Piacenza (567=187). Dal comune di Roma fu assunta probabilmente l'anno 583=171 la ricostruzione della strada che da Roma conduceva ad Arezzo, detta via Cassia, la quale da lungo tempo era via municipale, e sino dal 567=187 fu aperto il tronco che attraverso l'Appennino metteva da Arezzo a Bologna, ove si congiungeva colla nuova via Emilia, per il che si ottenne una più celere comunicazione tra Roma e le fortezze poste sul Po. Con queste energiche misure fu sostituito il Po all'Appennino quale confine tra il territorio celtico e l'italico.
Sulla sponda destra di questo fiume fu d'allora in poi in vigore essenzialmente la costituzione urbana italica, sulla sinistra la costituzione cantonale celtica; e il paese tra il Po e l'Appennino non fu più considerato come appartenente all'agro celtico che di nome.