5 Alfabeti ellenici in Italia.
Più recente dell'arte del misurare è l'arte della scrittura fonetica. Nè gli Italici nè gli Elleni l'hanno inventata, benchè nei numeri italici e forse anche nell'antichissimo uso italico, non derivato da influenza ellenica, del gettare le sorti con tavolette di legno, possono essere riscontrati i principii della scrittura. Quanto sia stata difficile la prima individualizzazione dei suoni, che si presentavano così variamente combinati, lo prova ad evidenza il fatto, che per tutta la civiltà aramea, indiana, greco-romana e per l'odierna, bastò un unico alfabeto, trasmesso da popolo a popolo, da schiatta a schiatta, e che basta tuttora; ed anche questo importantissimo trovato dello spirito umano è una creazione, a cui concorsero tanto gli Aramei quanto gli Indo-germanici.
La lingua radicale semitica, in cui le vocali hanno una natura incerta e secondaria, e in cui nessuna parola può incominciare per vocale, facilita appunto per questo l'individuazione delle consonanti; ond'è che il genio semitico trovò primamente l'alfabeto, ma all'alfabeto semitico mancavano ancora le vocali. Solo gli Indiani ed i Greci, gli uni indipendentemente dagli altri, e in differentissimo modo, hanno creato sulla scrittura aramea tutta di consonanti, loro pervenuta per mezzo del commercio, il compiuto alfabeto, aggiungendo quattro lettere che erano presso i Greci inservibili segni di consonante per le quattro vocali a, e, i, o e per mezzo della creazione di un segno per la u, dunque mediante l'introduzione delle sillabe nella scheletrica scrittura di sole consonanti, o come dice Palamede in Euripide: «Avendo io solo ordinato le mute e le vocali, rimedio contro all'oblio, ed avendo stabilito le sillabe, insegnai agli uomini la scienza dello scrivere».
Quest'alfabeto arameo-ellenico fu portato agli Italici in tempi certo remotissimi, non già per mezzo delle colonie agricole della Magna Grecia, ma, forse, per mezzo dei mercanti di Cuma e di Taranto: però, dopo ch'esso aveva già raggiunto in Grecia un notevole grado di perfezione, e che vi si erano introdotte parecchie riforme, principalmente l'aggiunta delle tre lettere nuove ξ, φ, χ e la variazione dei segni ι, γ, λ[3].
Si è già notato che l'alfabeto etrusco ed il latino non derivano l'uno dall'altro ma che entrambi sono derivati dal greco e giunsero ai due popoli in forme diverse: in Etruria colla doppia s (signa s san sch) e colla k semplice[4] e dell'r solo la più antica forma P; il secondo nel Lazio colla s semplice e colla k doppia (kappa k koppa q) e della r solo la più recente forma R. La più antica scrittura etrusca non conosce ancora la riga e si contorce come a spira di serpe; la più moderna in linee parallele cominciando dalla diritta verso la sinistra; i Romani viceversa – fin dove giungono i nostri monumenti – scrivono egualmente in linee parallele, indifferentemente dalla sinistra verso la diritta o viceversa e più tardi, presso i Romani si tenne il primo uso, e presso i Falisci, il secondo. L'alfabeto modello, importato in Etruria, deve datare da un'epoca molto antica, benchè non si possa con certezza determinare. Siccome le due sibilanti sigma e san dagli Etruschi sono sempre state adoperate insieme come suoni diversi, l'alfabeto greco pervenuto in Etruria deve aver posseduto questi due segni per due suoni viventi. Tuttavia fra tutti i monumenti della lingua greca a noi noti, nessuno ci presenta l'uso simultaneo del sigma e del san.
L'alfabeto latino, come noi lo conosciamo, ha in generale un carattere più moderno; ma non è inverosimile che nel Lazio esso non sia stato introdotto ad un tratto e compiuto come in Etruria, ma che i Latini, in conseguenza dell'intenso loro traffico con i Greci vicini, si mantenessero lungamente a livello dell'alfabeto ivi usato, e lo seguissero in tutte le sue varianti. Così noi troviamo ad esempio, che ai Romani non erano ignote le forme più antiche Σ e M P[5], ma che nell'uso comune erano poi ad esse sostituite le più recenti M, R e Z; ciò che non potrebbe in altro modo spiegarsi se non con l'ipotesi, che i Latini si siano per lungo tempo serviti dell'alfabeto greco tanto per le loro annotazioni greche, quanto per quelle fatte nella loro propria lingua. Perciò dalle caratteristiche relativamente più moderne dell'alfabeto greco che troviamo in Roma e da quello più antico importato nell'Etruria, si può dedurre che in Etruria si scrisse prima che in Roma. Quale profonda impressione facesse sugli Italici la conquista del tesoro dell'alfabeto, e quanto vivamente presentissero la potenza latente in quei segni di nessuna appariscenza, lo prova un vaso meraviglioso di un'antichissima tomba di Cere, costruita prima dell'invenzione dell'arco, sul quale è segnato l'antico modulo dell'alfabeto greco nel modo come era pervenuto in Etruria, con a lato un sillabario etrusco paragonabile a quello di Palamede – preziosa e santa reliquia dell'introduzione e del radicarsi della scrittura nell'Etruria.