4 . Raggiri degli Etoli contro Roma.
Mentre, dunque, si preparava da lunga mano ed in grande estensione la procella contro Roma, i Greci, che in questa impresa, come sempre, erano quelli che contavano meno, si davano però la più grande importanza e manifestavano la maggiore impazienza.
Gli esacerbati ed arroganti Etoli cominciavano essi stessi a creder che Filippo fosse stato vinto da loro e non dai Romani, e attendevano con impazienza che Antioco entrasse in Grecia.
La loro politica è caratterizzata dalla risposta data, poco dopo, dal loro generale a Flaminino, allorchè questi chiese una copia della dichiarazione di guerra contro Roma. La risposta fu che la copia richiesta gliela porterebbe egli stesso quando l'esercito etolico avrebbe posto il suo campo sulle rive del Tevere.
Gli Etoli erano come gli agenti del re della Siria nella Grecia e ingannavano le due parti, facendo credere al re che tutti i Greci lo attendevano a braccia aperte come il vero liberatore, e dando ad intendere a chi in Grecia prestava loro orecchio, che lo sbarco del re era più prossimo di quello che realmente fosse.
In tal modo riuscivano a vincere la stolta ostinazione di Nabida e a deciderlo ad entrare in campo, riaccendendo così in Grecia la fiaccola della guerra due anni dopo la partenza di Flaminino, cioè nella primavera del 562=192; ma così facendo non raggiunsero la meta.
Nabida si gettò su Gitio, città dei liberi Laconi venuta in mano degli Achei in forza dell'ultimo trattato, e se ne impadronì; ma l'esperto generale degli Achei, Filopemene, lo battè presso i monti Barbosteni, ed il tiranno potè ricondurre nella sua capitale, dove Filopemene lo rinchiuse, appena la quarta parte del suo esercito.
Siccome, naturalmente, questo inizio non era sufficiente a decidere Antioco a passare in Europa, gli Etoli risolvettero d'impadronirsi di Sparta, della Calcide e di Demetriade, e con tali conquiste determinare il re ad imbarcarsi. Anzitutto, pensarono d'impadronirsi di Sparta facendovi entrare l'etolico Alessameno col pretesto di condurvi il contingente federale di mille uomini e coll'incarico di spacciare Nabida prendendo poi possesso della città.
Così fu fatto, e Nabida fu ucciso mentre passava in rassegna le sue truppe; ma quando gli Etoli si sbandarono per la città onde metterla a sacco, i Lacedemoni si raccolsero e li trucidarono dal primo all'ultimo.
La città si lasciò allora indurre da Filopemene ad entrare nella lega achea.
Fallito questo bel progetto dagli Etoli, e non solo essendo fallito come ben meritava, ma avendo prodotto l'effetto contrario, quello cioè di unire quasi l'intero Peloponneso nelle mani degli avversari, le cose degli Etoli non andarono molto meglio nemmeno in Calcide, poichè qui il partito romano avverso agli Etoli, e gli esiliati calcidici, avevano fatto venire in tempo nell'Eubea i cittadini di Eretria e di Caristo, i quali propendevano pei Romani.
L'occupazione di Demetriade, invece, sortì buon effetto, sicchè i Magnesi, ai quali la città era toccata, temevano non senza ragione ch'essa fosse stata promessa dai Romani a Filippo in cambio dell'aiuto loro prestato contro Antioco; e parecchi squadroni di cavalieri etoli s'introdussero in città col pretesto di servire di scorta ad Euriloco, capo dell'opposizione contro i Romani, che era stato richiamato in patria.
Per tal modo i Magnesi passarono, un po' spontaneamente, un po' per forza, dalla parte degli Etoli e non si tardò a far valere questa circostanza alla corte dei Seleucidi.