24. Ritorno alla costituzione.
Rimaneva ancora una cosa, forse la più difficile: di sostituire alle condizioni eccezionali gli antichi ordini legali riformati.
Essa era resa facile dall'avervi Silla costantemente pensato. Quantunque la legge valeria desse a lui podestà assoluta e ad ogni suo decreto forza di legge, tuttavia egli non aveva fatto uso di questa esorbitante facoltà che per disposizioni di passeggera importanza, immischiandosi nelle quali il senato e la borghesia si sarebbero inutilmente compromessi, segnatamente nelle proscrizioni.
Le disposizioni ch'esso prescriveva per l'avvenire, erano già da lui stesso regolarmente osservate.
Che s'interpellasse il popolo, consta dalla legge sui questori che esiste ancora, ed è altresì provato da altre leggi, come ad esempio da quella sul lusso e da quelle sulle confische delle proprietà territoriali.
Così, trattandosi di atti amministrativi di maggiore importanza, come dell'invio e del richiamo dell'esercito d'Africa e della concessione di franchigie urbane, la decisione toccava al senato.
Nelle stesso senso fece Silla eleggere i consoli pel 673 = 81, per cui fu almeno evitata l'odiosa data ufficiale della reggenza; ma il potere rimase tuttavia al reggente, essendosi fatta cadere l'elezione su personaggi da poco.
Ma l'anno appresso (674 = 80) Silla ristabilì completamente la costituzione ordinaria e come console governò lo stato in unione col suo compagno d'armi Quinto Metello, conservando a dir vero la reggenza, ma non facendone provvisoriamente alcun uso.
Egli ben comprendeva di quanto pericolo fosse alle sue proprie istituzioni il voler protrarre all'infinito la dittatura militare.
Poichè il nuovo ordinamento sembrava solidificato, e sebbene parecchie delle nuove istituzioni, e particolarmente quelle che si riferivano alla colonizzazione, non avessero ancora raggiunto il loro compimento, la massima parte e la più importante essendo ultimata, Silla lasciò libero il campo alle elezioni per l'anno 675 = 79, declinò come incompatibile colle sue stesse disposizioni la sua rielezione al consolato, e nel principio dello stesso anno 675 = 79, non appena i nuovi consoli Publio Servilio e Appio Claudio ebbero assunto le loro funzioni, depose la sua carica di reggente.
Persino i cuori dei più fieri si scossero allorchè l'uomo, che fino allora aveva disposto a suo talento della vita e degli averi di milioni d'uomini, l'uomo al cui cenno erano cadute tante teste, che aveva acerrimi nemici in ogni via di Roma, in ogni città d'Italia, e che senza un alleato a lui pari, ed anzi, propriamente parlando, senza l'aiuto d'un potente partito, violando mille interessi e contrariando mille opinioni, aveva condotto a termine l'opera sua di riorganizzare lo stato, allorchè diciamo, quest'uomo, comparso sul foro romano e deposta spontaneamente la maestà del suo potere, congedò il suo seguito armato e licenziò i suoi littori, invitando l'affollata cittadinanza a farsi avanti se alcuno volesse chiedergli conto della sua gestione.
Nessuno fiatò. Silla discese dai rostri e, accompagnato soltanto da' suoi, ritornò a piedi alla sua abitazione, passando in mezzo a quello stesso popolo, che otto anni prima aveva rasa al suolo la sua casa.