6. Religione dello stato.
Con questa nuova filosofia dello stato va strettamente congiunta la nuova religione ufficiale, il cui principale segno distintivo per esteriori motivi di convenienza, è il già accennato mantenimento delle tesi della fede popolare, sebbene riconosciute irrazionali.
Già uno degli uomini più eminenti del circolo di Scipione, il greco Polibio, diceva apertamente che il bizzarro e pesante cerimoniale della religione romana era stato inventato unicamente per le masse, le quali, poichè a nulla vale per esse la ragione, debbono essere dominate coi prodigi e coi miracoli, mentre la gente ragionevole non ha bisogno della religione.
Gli amici romani di Polibio condividevano senza dubbio nella parte essenziale questi sentimenti, sebbene non opponessero in un modo così rude e così aperto la scienza alla religione.
Nè Lelio nè Scipione Emiliano possono aver veduto nella disciplina augurale, a cui pare che Polibio si riferisca più propriamente, altra cosa che una istituzione politica; il sentimento nazionale era in essi troppo forte e quello del decoro troppo bene impresso, perchè avessero potuto entrare pubblicamente in tali delicate discussioni.
Ma nella generazione seguente il sommo pontefice Quinto Scevola (console nel 659 = 95) esprime già nelle sue spiegazioni orali del diritto, senza esitazione, la tesi che esistevano due religioni, una razionale e filosofica e una non razionale ma tradizionale; che la prima non era conveniente come religione dello stato, contenendo delle massime inutili e persino nocive a sapersi dal popolo, e che quindi la religione tradizionale dello stato dovesse rimanere come era.
La teologia varroniana, nella quale la religione romana è trattata proprio come una istituzione dello stato, non è che un ulteriore sviluppo dello stesso pensiero fondamentale.
Lo stato, è detto in essa, è più antico che gli dei dello stato, come il pittore è più vecchio del quadro; se si trattasse di rifare gli dei sarebbe certo salutare farli e nominarli in modo più conforme allo scopo e più corrispondente alle parti dell'anima del mondo, togliendone le immagini poichè esse destano solo idee erronee[3], ed abolendo il falso sistema dei sacrifici; ma siccome queste istituzioni esistono, è dovere di ogni buon cittadino di conoscerle e di osservarle e di fare in modo che «il volgo», impari piuttosto a venerare che a disprezzare gli dei.
Che «il volgo» pel benessere del quale i signori tenevano prigioniera la loro ragione, disdegnasse questa fede e cercasse altrove la sua salvezza, è cosa che s'intende da sè e che sarà dimostrata più avanti.
Così si era stabilita la chiesa ufficiale romana, una consorteria di sacerdoti e di leviti ipocriti e una comunità senza fede.
Quando più francamente si dichiarava la religione nazionale essere una istituzione politica, tanto più decisamente i partiti politici consideravano il campo della chiesa dello stato come l'arringo per le loro aggressioni e difese; ciò andava prendendo sempre maggiori proporzioni per la scienza augurale e le elezioni dei collegi sacerdotali
L'antico e naturale costume di sciogliere le assemblee cittadine quando si avvicinava un temporale, si era sviluppato nelle mani degli auguri romani in un vasto sistema di segni celesti e di relativi regolamenti; nei primi decenni di questa epoca fu senz'altro ordinato colle leggi eliana e fufia, che ogni adunanza popolare dovesse sciogliersi appena ad un magistrato superiore venisse in mente di osservare sull'orizzonte i segni d'un temporale, e l'oligarchia romana andava superba di potere, d'allora in poi con una semplice menzogna, imprimere il marchio di nullità ad ogni plebiscito.
Invece l'opposizione romana si rivoltava contro l'antico costume che i quattro collegi principali dei sacerdoti, in occasione di vacanze, si completassero nel loro seno, e chiese che l'elezione popolare si estendesse anche a queste nomine come già prima si praticava pei presidenti dei collegi stessi.
Ciò era certamente in contraddizione con lo spirito di queste corporazioni, ma esse non avevano nessuna ragione di dolersene dopo che esse stesse erano divenute infedeli al loro spirito, e che, richieste, favorivano il governo cassando atti politici con pretesti religiosi.
Questo affare divenne un pomo di discordia dei partiti. Il senato respinse nel 609 = 145 il primo assalto, e il circolo di Scipione vi ebbe parte principale nel respingere la proposta.
Ma nel 650 = 104 fu adottata la proposta insieme colla restrizione fatta già precedentemente in occasione della elezione dei presidenti, per amore delle coscienze più scrupolose, che non tutta la cittadinanza, ma solo una parte dei distretti dovesse procedere all'elezione; infine Silla fece rivivere in tutta la sua ampiezza il diritto di cooptazione.
Con questo provvedimento dei conservatori a favore della pura religione nazionale si conciliava naturalmente benissimo la circostanza che appunto nei più distinti circoli se ne parlasse con scherno.
La parte pratica del sacerdozio romano era la cucina sacerdotale; i banchetti augurali e pontificali erano quasi le prove ufficiali della ghiottoneria romana, e parecchi dei medesimi fecero epoca nella storia della gastronomia, come, ad esempio, il banchetto dato da Quinto Ortensio per la sua elezione ad augure mise di moda l'arrosto di pavone.
La religione serviva anche molto bene a rendere più piccante lo scandalo.
Alcuni giovani appartenenti a famiglie nobili trovavano un piacere particolare a sfigurare e mutilare durante la notte le statue degli dei poste nelle vie.
Gli amori triviali si erano da molto tempo resi comuni e le relazioni con donne maritate incominciavano a divenirlo; ma la relazione con una vestale era altrettanto piccante, quanto nel mondo del Decamerone l'amoretto della monaca e l'avventura del chiostro.
È noto il triste avvenimento dell'anno 640 = 114 e seguenti in cui tre vestali, figlie delle più nobili famiglie, ed i loro amanti, giovani appartenenti egualmente ai più distinti casati, furono tratti prima dinanzi al collegio pontificale per scolparsi dell'accusa d'impudicizia, e poi, siccome questo collegio tentava di occultare la cosa, dinanzi ad un tribunale istituito in via straordinaria con uno speciale plebiscito; e furono tutti condannati a morte.
Gli uomini di senno non potevano certamente approvare tale scandalo, ma invece non si poteva nulla obiettare se in segreto si trovava stupida la religione positiva e gli auguri potevano, senza mancare ai loro doveri religiosi, ridersi scambievolmente in faccia, quando l'uno vedeva funzionare l'altro.
Si comincia ad amare veramente la modesta ipocrisia di istituzioni affini, quando ad esse si paragona la crassa impudenza dei sacerdoti e dei leviti romani.
La religione dello stato fu con tutta semplicità trattata come una vuota impalcatura, servibile ancora solo per i mestatori politici; in questa condizione essa poteva, colle innumerevoli sue sinuosità e coi suoi trabocchetti, servire, come secondo il bisogno ha servito, a tutti i partiti.
L'oligarchia vedeva per lo più il suo palladio nella religione dello stato e specialmente nella scienza degli auguri; ma anche il partito contrario non faceva un'opposizione di principî contro una istituzione che non aveva ormai che una vita apparente, ma la considerava nell'insieme come una trincea che dalle mani del nemico poteva passare nelle proprie.