3. Nullità dell'agitazione democratica.
Ma tutti questi sforzi a nulla approdavano. Vi fu molto scandalo e molto chiasso, ma col prostituire il governo come meritava e più che non meritasse, non si raggiunse un vero successo.
La forza materiale, finchè l'elemento militare non s'immischiava, era sempre nelle mani della borghesia della capitale; e questo «popolo» che si assiepava nelle vie di Roma ed eleggeva magistrati e faceva leggi nel foro, non era affatto migliore del senato che governava.
Veramente dove si trattava del proprio immediato interesse il governo doveva accomodarsi con le masse, e questa è la ragione della rinnovazione della legge frumentaria sempronia. Ma non si deve credere che questa borghesia, trattandosi d'una idea e, meno ancora, d'una conveniente riforma, prendesse la cosa sul serio.
Con ragione fu applicato ai Romani di quest'epoca ciò che Demostene disse de' suoi Ateniesi; che erano gente zelantissima fin che stavano intorno alla tribuna degli oratori e udivano le proposte di riforma, ma che una volta ritornati a casa, nessuno più pensava a ciò che aveva udito nel foro.
Per quanto gli agitatori democratici soffiassero nelle fiamme, la loro fatica non serviva a nulla, poichè mancava la materia combustibile. Il governo lo sapeva e nelle importanti questioni di principio non si lasciava strappare nessuna concessione; tutto al più (verso il 682 = 72) acconsentì di concedere l'amnistia ad una parte dei profughi che erano andati in esilio con Lepido. E le concessioni non derivavano dall'insistenza della democrazia, ma piuttosto dai tentativi di mediazione dell'aristocrazia moderata.
Ma delle due leggi che Caio Cotta, l'unico capo ancora esistente di quella frazione, ottenne che venissero sanzionate durante il suo consolato del 679 = 75, quella relativa ai tribunali fu di nuovo soppressa nell'anno seguente, e quella che annullava la disposizione di Silla, per cui la carica del tribuno era incompatibile coll'assunzione di qualsiasi altra magistratura, lasciando però sussistere le altre limitazioni, destò, come desta al solito ogni mezza misura, solo il malumore dei due partiti.
Il partito dei conservatori nel senso della riforma[2], che in grazia alla morte prematura di Cotta (verso l'anno 681 = 73) perdette il suo capo più rinomato, andò sempre più decadendo, schiacciato fra i due partiti estremi che emergevano sempre più aspri. Ma fra questi due il partito del governo, benchè cattivo e debole, ebbe, di fronte all'opposizione egualmente cattiva e debole, necessariamente la meglio.