5 Danza, mimica e canto presso gli Etruschi ed i Sabelli.
Abbiamo così scarse notizie delle belle arti presso gli Etruschi ed i Sabelli, che tanto varrebbe ne mancassimo affatto[10]. Si può tutt'al più accennare, che i ballerini (histri, histriones) ed i suonatori di flauto (subulones) anche nell'Etruria devono assai presto, e forse prima che in Roma, aver fatto dell'arte loro un mestiere poichè non solo nella loro patria ma anche a Roma si producevano pubblicamente per poca mercede e senza onore. È poi rimarchevole, che nella festa nazionale etrusca, solennizzata dalle dodici città unite col mezzo d'un sacerdote della confederazione, si eseguissero giuochi come quelli in occasione della festa della città di Roma; ma noi non possiamo ora rispondere alla questione che viene naturalmente in seguito a questa, se cioè gli Etruschi abbiano raggiunto meglio dei Latini la mèta d'un'arte bella nazionale che fosse accettata da tutti i comuni della lega. Può darsi d'altra parte che già per tempissimo si sia cominciato nell'Etruria a porre il fondamento di quel frivolo tesoro di dotti arzigogoli, principalmente teologici e astrologici, in base al quale poi i Toschi, quando nell'universale decadimento venne in fiore la scienza codina e pedantesca, divisero cogli Ebrei, coi Caldei e cogli Egizi l'onore di essere ammirati come primaria fonte di divina sapienza. Meno ancora sappiamo dell'arte sabellica; nè per questo possiamo ragionevolmente argomentare, che essa sia stata in condizioni inferiori di quella dei paesi vicini. Anzi, avvisando al noto carattere delle tre schiatte principali italiche, si può supporre, che i Sanniti nelle doti artistiche si approssimassero di più agli Elleni, e gli Etruschi più d'ogni altro popolo italico se ne allontanassero; e il fatto seguente offre una certa conferma a questa opinione, che cioè i più ragguardevoli, i più singolari tra i poeti romani, come Nevio, Ennio, Lucilio, Orazio, appartengono ai paesi sannitici, mentre l'Etruria non ha nella letteratura romana quasi altri rappresentanti fuori dell'aretino Mecenate, il più insopportabile di tutti gli sbiaditi e melliflui poeti cortigiani, e di Persio da Volterra, vero tipo di giovane poeta orgoglioso e codardo.