12 . Credito e imposte.
Anche all'ordinamento delle imposte e del credito si rivolse, in questi tempi, la pubblica attenzione, e si pensò, più di quanto non si fosse pensato prima, e si pensasse dopo, se mai fosse possibile, con provvidenze di leggi, sanare le piaghe della miseria popolare.
La tassa del cinque per cento sul valore attribuito allo schiavo da emanciparsi, ordinata colla legge dell'anno 397 = 357, eccezion fatta del freno ch'essa poneva al non desiderabile aumento del numero dei liberti, fu la prima imposta romana stabilita effettivamente sui ricchi.
Con eguale intento si cercavano i modi per rianimare il credito. Si rinnovarono le leggi contro gli usurai che erano già state scritte nelle dodici tavole, e poco a poco si resero più rigorose, talchè il massimo degli interessi fu ridotto gradualmente dal 10 (anno 397 = 357) al cinque per cento (anno 407 = 347) per l'anno composto di dodici mesi, e finalmente l'anno 412 = 342 venne assolutamente vietato ogni interesse.
Quest'ultima dissennata legge fu tenuta in vigore pro-forma; ma, come è ben naturale, non fu messa in pratica. L'interesse venuto in uso dopo questo tempo era dell'uno per cento al mese, che, secondo le condizioni pecuniarie dell'antichità, poteva ragguagliarsi, press'a poco, al cinque o al sei per cento d'oggi, e che già in quel tempo sarà stato considerato come il massimo degli interessi permessi. Era proibito d'intentare cause per la restituzione di somme maggiori, e sarà forse anche stata concessa in questo caso la rivendicazione giudiziaria. Del resto, non di rado, venivano tratti dinanzi al tribunale del popolo notori usurai e condannati assai volentieri dalle tribù a dure pene.
Di maggiore importanza ancora fu il mutamento del processo per debiti introdotto dalla legge petelia (428 o 441 = 326 o 313), la quale concedeva ad ogni debitore, che affermasse con giuramento la sua capacità di pagare e cedesse le sue sostanze, la libertà personale, sopprimeva in parte la sommaria procedura esecutiva fino allora in uso per i debiti dipendenti da prestiti, e stabiliva che nessun cittadino romano potesse esser tratto in servitù se non in forza d'una sentenza dei giurati.
È chiaro che tutti questi temperamenti avranno potuto mitigare in qualche modo le esistenti sproporzioni economiche, ma non potevano sopprimerle.
L'istituzione d'una commissione bancaria pel riordinamento delle condizioni del credito e per la somministrazione di sovvenzioni alla cassa del tesoro nell'anno 402 = 352, la disposizione che prescrive i pagamenti legali a termini stabiliti, dell'anno 467 = 287, quando il popolo, non essendosi potuto mettere d'accordo con i suoi avversari e ottenere facilitazioni per pagare i suoi debiti, si ritrasse sul Gianicolo e non fu ridonata la pace al comune che in seguito ad un attacco di nemici esterni assai opportunamente sopravvenuto, provano il perdurare delle strettezze.
Sarebbe però grande ingiustizia il ritenere inutile e vano lo studio che gli statisti romani posero a frenare l'impoverimento del medio ceto, pel motivo che mali radicali non si curano con palliativi. Questa, veramente, è una delle accuse che la perfidia non predica mai senza successo alla semplicità popolana; ma non è per questo un errore meno grossolano.
Si potrebbe piuttosto invertire l'argomento e domandare se la demagogia, già sino da quei tempi, non si fosse impadronita di questa grande questione e se occorressero veramente rimedi così violenti e così pericolosi, come fu appunto quello d'ordinare la deduzione degli interessi già pagati dal capitale dovuto.
I documenti, che ci sono pervenuti, non bastano per decidere ora da che parte fosse il torto e la ragione; ma quello che ne sappiamo ci basta per poter affermare che il medio ceto domiciliato in città si trovava ancora e sempre più in istato di penuria economica e di perpetua minaccia, e che nelle alte classi non mancava la volontà, benchè poco fruttuosa, di aiutare i poveri debitori con leggi proibitive dell'usura e proroghe legali di pagamento; ma che d'altra parte il governo aristocratico continuava ad essere troppo debole verso i propri membri e troppo preoccupato degli speciali interessi della classe da cui esso usciva, per recare giovamento coll'unico mezzo efficace di cui avrebbe potuto disporre, cioè coll'abolire affatto il sistema di occupazione dei beni dello stato, liberando in tal modo i governanti dal rimprovero di trarre partito dalla misera condizione dei governati.