6. Pirateria illirica.
Con una pazienza, che trova spiegazione soltanto nella profonda loro avversione per la guerra marittima e nella cattiva loro marina, i Romani tolleravano persino i gravi inconvenienti della pirateria, che in quell'epoca era l'unica industria che fiorisse sulle spiagge dell'Adriatico, e dalla quale anche il commercio italico soffriva gravissimo danno.
Ma a un certo punto la cosa si fece troppo seria. Colla protezione della Macedonia, la quale non aveva più alcun motivo per continuare nell'antico suo compito di difendere il commercio ellenico contro i corsari dell'Adriatico a prò dei suoi nemici, i signori di Scodra avevano riunite le popolazioni illiriche (verosimilmente i Dalmati, i Montenegrini e gli Albanesi settentrionali) per esercitare la pirateria in comune su vasta scala. Con intere squadre delle loro celebri biremi (le celebri navi liburniche) gli Illiri assalivano ogni naviglio in alto mare o lungo le coste. Le più travagliate erano naturalmente le colonie greche, le città insulari Issa (Lissa) e Faro (Lesina), e le importanti piazze marittime di Epidamno (Durazzo) ed Apollonia (al nord d'Aulona sull'Aoo), le quali si videro ripetutamente assediate dai barbari. Ma essendosi i pirati stabiliti ancora più al sud, cioè a Fenicia, la più florida città dell'Epiro, gli Epiroti e gli Acarnani loro malgrado dovettero entrare con i ladroni in una non naturale simmachia e così tutto il litorale, sino ad Elide e Messene, ne fu infestato.
Gli Etoli e gli Achei raccolsero invano tutte le loro navi per porre un freno a questi eccessi: in una battaglia essi furono dai corsari e dai loro alleati greci interamente disfatti; il naviglio de' corsari riuscì persino ad impossessarsi della ricca ed importante isola di Corcira (Corfù).
Le lagnanze dei naviganti italici, le suppliche degli antichi alleati di Apollonia e le preghiere degli assediati in Issa (Lissa) decisero finalmente il senato romano a mandare a Scodra per lo meno un'ambasceria.
I fratelli Caio e Lucio Coruncanio furono incaricati di chiedere al re Agrone che facesse cessare quegli eccessi. Il re rispondeva che le leggi illiriche permettevano la pirateria e che il governo non aveva il diritto d'impedire ai privati di corseggiare; al che Lucio Coruncanio soggiungeva che Roma avrebbe pensato a dare agli Illirici leggi migliori.
Per punire questa replica, certo non troppo diplomatica, per ordine del re – così pretendono i Romani – uno degli ambasciatori fu assassinato durante il viaggio di ritorno, ed il governo rifiutò la consegna degli assassini.
Il senato non poteva ora esitare sul da farsi. Nella primavera del 525=229 comparve dinanzi ad Apollonia una flotta di 200 vascelli di linea con a bordo un esercito di sbarco, alla vista della quale le navi corsare scomparvero. L'esercito distrusse le rocche che servivano di rifugio ai corsari.
La regina Teuta, che dopo la morte del suo consorte Agrone teneva il governo per il figlio minorenne, fu nell'ultimo suo asilo costretta ad accettare le condizioni imposte da Roma. I signori di Scodra furono ridotti tanto a settentrione quanto a mezzodì all'antico loro territorio e dovettero non solo sciogliere dal vincolo di sudditanza tutte le città greche, ma anche gli Ardiei in Dalmazia, i Partini presso Epidamno, gli Atintani nell'Epiro settentrionale; al mezzodì di Lisso (Alessio, tra Scutari e Durazzo) non doveva d'ora innanzi lasciarsi più vedere alcuna nave illirica armata, nè dovevano andare insieme più di due navi anche se non armate.
Colla sollecita ed energica repressione della pirateria fu durevolmente, e nel modo più lodevole, stabilito il dominio di Roma nell'Adriatico.