18. La Grecia.
La Grecia propriamente detta, più che la Macedonia, aveva da rallegrarsi del favore della dominante potenza, ed i filo-elleni di Roma potevano con ragione pensare che persino le dolorose conseguenze della guerra di Perseo fossero per scomparire e le cose in generale si mettessero sulla buona via.
I più implacabili istigatori del partito allora dominante, l'etolo Licisco, il beota Mnasippo, l'acarnano Cremata, l'abietto epirota Carope, al quale persino onorevoli romani avevano vietata la loro casa, erano discesi l'un dopo l'altro nella tomba; andava crescendo un'altra generazione per la quale le antiche ricordanze e le antiche inimicizie si erano attenuate. Il senato romano pensò giunto il tempo dell'oblio e del perdono generale, e nell'anno 604 = 150 restituì la libertà ai patrioti achei ancora superstiti, da diciassette anni confinati in Italia, la cui liberazione la dieta achea aveva cessato di domandare.
Tuttavia s'ingannò. Quanto poco fosse riuscito ai Romani con tutto il loro filo-ellenismo di rappacificare nell'interno il patriottismo greco non si manifestò mai più chiaramente come nell'atteggiamento dei Greci con gli Attalidi. Re Eumene II era odiato al più alto grado in Grecia come un amico dei Romani: ma appena tra lui e i Romani sorse la discordia egli divenne popolare in Grecia, e come prima l'ellenico Euclide aveva atteso dalla Macedonia la liberazione dalla signoria straniera, ora l'attendeva Pergamo.
Ma intanto cresceva visibilmente il disordine sociale nei piccoli stati elleni abbandonati a se stessi. Il paese si spopolava non per guerra nè per peste, ma per la repugnanza che sempre più andava estendendosi nelle più alte classi di sottoporsi all'onere della moglie e di figliuoli; invece affluiva ancora in Grecia, come pel passato, la scellerata o frivola plebaglia per attendervi l'ufficiale di reclutamento. I comuni s'ingolfavano in sempre più gravi debiti e nella mancanza di onestà e quindi del relativo credito, singole città, particolarmente Atene e Tebe, nelle strettezze delle loro finanze si diedero senz'altro a scorrerie ed al saccheggio nei comuni vicini.
Anche le contese interne nelle leghe, ad esempio tra i membri volontari e quelli obbligati della confederazione achea, non erano in nessun modo sedate. Se i Romani, come pare, credevano a ciò che essi desideravano e si fidavano di quella calma momentanea, dovevano ben presto apprendere che la giovane generazione nell'Ellade non era nè migliore nè più prudente dell'antica. L'occasione per attaccar briga coi Romani non si fece attendere a lungo.