4. Religione.
Più difficile è il seguire le fasi dello sviluppo delle idee religiose di quest'epoca. Può dirsi, in genere, che i Romani rimasero alla semplice pietà dei loro antenati ed egualmente lontani dalla superstizione e dalla miscredenza.
Quanto fosse ancor viva, alla fine di quest'epoca, l'idea della spiritualizzazione di tutto ciò che occorre nella vita terrena, che è il concetto fondamentale della religione dei Romani, lo prova il nuovo nume Argentino (Argentinus) apparso nell'anno 485 = 269, probabilmente in seguito all'introduzione delle monete correnti d'argento, nume che, per naturale concessione, si disse prole di Esculano (Aesculanus), il Cupreo.
Le relazioni colle religioni straniere continuarono come per lo innanzi, ma anche in queste relazioni, anzi specialmente in esse, si riconosce crescente l'influenza ellenica. Intorno a questi tempi soltanto cominciarono ad innalzarsi nella stessa Roma tempi agli dei ellenici. Il più antico fu il tempio dei Dioscuri, che venne votato nella battaglia sulle rive del lago Regillo e consacrato il 15 luglio 269 = 485. La leggenda che vi si riferisce, narrando come due giovani di bellezza e di statura sovrumana fossero stati veduti combattere sul campo di battaglia nelle file de' Romani, e che immediatamente dopo la battaglia, abbeverando i loro cavalli grondanti di sudore alla fonte di Giuturna nel foro romano, annunziassero la grande vittoria riportata, non ha assolutamente un'impronta romana, ed è, senza dubbio, poetizzata sino nei particolari, ad imitazione dell'eguale epifania dei Dioscuri nella famosa giornata combattuta circa un secolo prima sulle rive del fiume Sagra tra i Crotoniati e i Locresi.
Così all'Apollo delfico non solo si mandavano legazioni, come usavano tutti i popoli posti sotto l'influenza della civiltà greca, o per rendergli grazie di riportate vittorie, come dopo la conquista di Veio gli si offriva la decima parte del bottino (360 = 394), ma gli fu anche consacrato un tempio nella città (323 = 431 rinnovato nel 401 = 353)
Lo stesso avvenne verso la fine di questo periodo in onore di Afrodite (459 = 295), la quale si confuse in un modo enigmatico con Venere, l'antica dea dei giardini dei Romani[3]; lo stesso per Asklapios o Aesculapius, chiamato da Epidauro nel Peloponneso e condotto solennemente a Roma (463 = 291).
Nei momenti di pericolo si udirono bensì a volte lamenti e censure per l'introduzione di superstizioni straniere, probabilmente dell'aruspicina etrusca (326 = 428), ma i magistrati non lasciarono in seguito di opporvisi.
Nell'Etruria, invece, il monopolio teologico della nobiltà, lo stupido fatalismo, la vuota e frivola misticità, l'astrologia e la vaticinazione avranno a poco a poco raggiunto quel grado d'importanza, in cui più tardi li troviamo, mentre la nazione corrompevasi in una nullità politica e infradiciava in una neghittosa opulenza.
Non consta che nel sacerdozio s'introducessero cambiamenti radicali. L'aumentata applicazione delle multe processuali alle spese di culto religioso, che riscontriamo intorno all'anno 465 = 289, ci prova l'aumentare delle pubbliche spese per le cerimonie religiose, conseguenza necessaria dell'accresciuto numero delle divinità e dei templi mantenuti dallo stato.
Abbiamo già notato come nel calore della lotta fra le varie classi di cittadini si cominciasse a concedere ai collegi religiosi un maggior grado d'influenza, e come ad essi si ricorresse per trovare modo di render nulli atti politici, onde ne venne offesa e scossa la fede popolare, e si concesse al clero una perniciosissima ingerenza nei pubblici affari.