33.Agricoltura e giurisprudenza.
Per l'economia rurale e per l'arte della guerra serviva di guida, innanzi tutto, l'esperienza ereditaria e la propria, come ne abbiamo la prova anche da uno dei due trattati sull'economia agraria di Catone che sono pervenuti sino a noi.
Ciò nondimeno, anche in questo campo minore della coltura, come appunto nei maggiori, si riscontrano fuse insieme le tradizioni di Roma e quelle greche e perfino le fenicie, e per questa ragione dovettero essere cercati libri stranieri su queste materie.
La stessa cosa non potrebbe dirsi della giurisprudenza. L'opera dei giuristi di quest'epoca si limitava a dar consigli alle parti che ne richiedevano, e all'istruire i giovani discepoli; ma queste comunicazioni orali furono le fondamenta di una tradizionale base di regole e non mancò neppure qualche tentativo di coordinazione letteraria.
Di maggiore importanza del breve compendio di Catone, fu per la giurisprudenza il cosiddetto «libro tripartito» pubblicato da Sesto Elio Peto denominato «il sagace» (catus), ch'era il primo giurista pratico del suo tempo, e che, in seguito a questa sua compilazione, fu eletto console l'anno 556=198 e censore l'anno 560=194.
L'opera di Sesto Elio Peto trattava delle dodici tavole con un commento ad ogni paragrafo specialmente sulle espressioni antiquate ed inintelligibili, e con la rispondente formula di procedura.
Se anche in questi commenti si rivela l'influenza degli studi grammaticali greci, le formule della procedura si ricollegano piuttosto alla più antica collezione di Appio e allo sviluppo nazionale e processuale del diritto.
Lo stato generale degli studi in quest'epoca è rappresentato con grande precisione nella collezione di quei manuali che Catone scrisse per suo figlio, i quali, compilati come una specie di enciclopedia, in brevi frasi, dovevano enunciare ciò che debba essere un «valent'uomo» (vir bonus) come oratore, come medico, come agricoltore, come guerriero e come giurisperito.
Non esisteva ancora alcuna distinzione tra coltura preparatoria e generale e lo studio speciale delle scienze, ma ciò che sembrava necessario e utile a sapersi delle varie discipline scientifiche si pretendeva da ogni vero romano.
Ne erano esclusi gli studi della grammatica latina, che fino allora non poteva ancora aver avuto quel formale sviluppo portato dalla vera filologia, come pure la musica e tutto il ciclo delle scienze fisiche e matematiche.
Nelle scienze si doveva compendiare naturalmente la pratica, e anche questo con tutta la possibile concisione e chiarezza. Si servivano bensì della letteratura greca, ma solo per ricavare da una farragine di anticaglie qualche utile massima basata sull'esperienza; una sentenza favorita di Catone dice: «Si deve scorrere la letteratura greca, ma non ci si deve affondare». Così furono compilati quei manuali familiari, i quali purtroppo, nell'evitare la sottigliezza e la confusione greca, non seppero però conservare la greca perspicacia e acutezza; ma che perciò appunto, per la attitudine della coltura romana di fronte alla greca, sono diventati una specie di modello pei tempi successivi.