8 Relazioni e qualità artistiche degli Etruschi e degli Italici.
Se noi ci poniamo a cavare un estratto storico da questi archivi delle antiche tradizioni e dalle reliquie dell'arte, giungiamo prima di tutto a veder chiaro che l'arte italica, appunto come il sistema metrico e la scrittura, si è sviluppata interamente sotto gli influssi ellenici. Non vi ha una sola delle arti italiche che non trovi il suo preciso modello nell'antica arte greca, e la leggenda dice perfettamente il vero, quando essa attribuisce la fabbricazione in Italia delle statue di terra dipinta, che sono indubbiamente dell'antico genere d'arte, ai tre artisti greci Eucheir, Diopos e Eugrammos, che è quanto dire: lo scultore, l'ornatista ed il disegnatore; sebbene d'altra parte sia più che dubbio che quest'arte venisse da Corinto e arrivasse dapprima a Tarquinia. Non v'è indizio che si sia mai pigliato ad imitare direttamente qualche modello orientale, come non v'è traccia d'una forma artistica sviluppata indipendentemente; se i lapidari etruschi non si spostarono mai dalla forma originaria dello scarafaggio o da quella dello scarabeo egizio, convien notare che anche in Grecia si trovarono di questi scarabei, come ad esempio uno tagliato in pietra con un'antichissima inscrizione ne fu trovato in Egina; ond'è che questo tipo può essere benissimo pervenuto agli Etruschi per mezzo dei Greci. Dal Fenicio ben si poteva comperare, ma non si poteva imparare che dal Greco.
Se poi si vuole indagare da quale delle tribù greche siano prima venuti agli Etruschi i modelli dell'arte, noi confessiamo di non poter dare una risposta categorica, come non la potemmo dare a simile domanda relativamente all'alfabeto. Vi sono ciò non ostante dei rapporti degni di attenzione tra l'arte etrusca e la più antica arte attica. Le tre forme artistiche, che almeno più tardi furono esercitate in Etruria su vasta scala, cioè la pittura delle tombe, il disegno sugli specchi e l'arte del lapidario, mentre in Grecia erano limitatissime, furono fino ai tempi di cui parliamo, conservate sul suolo greco solamente in Atene e in Egina. Il tempio etrusco non corrisponde compiutamente nè al dorico nè allo jonico: ma nei più importanti punti di carattere differenziale, nel peristilio che con un colonnato circonda la cella, e nello zoccolo sottoposto come base a ciascuna colonna, lo stile etrusco segue lo jonico meno antico; e appunto lo stile dell'architettura jonico-attica, che ritiene ancora assai dell'elemento dorico, si avvicina nella pianta generale al toscano più che tutti gli altri stili greci. Se dunque, come convien crederlo appena che si consideri la materia con qualche attenzione, i generali rapporti di commercio e di traffico furono decisivi anche pei modelli dell'arte, si può ritenere con certezza, benchè ci manchi ogni indizio delle prime relazioni artistiche di questo paese, che gli Elleni della Campania e della Sicilia siano stati i maestri dei Latini nelle arti belle come lo furono nell'alfabeto; e se questo assunto non è confermato, almeno non è contraddetto dall'analogia della Diana dell'Aventino coll'Artemisia di Efeso. La primitiva arte etrusca, come era ben naturale, servì nello stesso tempo di modello anche pel Lazio. D'altra parte, come l'alfabeto greco così anche l'arte greca della scultura e dell'architettura giunse sino alle genti sabelliche, benchè forse solo per intromissione delle schiatte italiche più occidentali.
Se infine si voglia portare un giudizio sul genio artistico delle diverse nazioni italiche, si può già fin da questi primordi scorgere quello che si fa sempre più manifesto nelle successive evoluzioni dell'arte, cioè che gli Etruschi cominciarono bensì prima di ogni altro popolo italico ad esercitare l'arte, e lavorarono più riccamente e più abbondantemente in grandi masse, ma che le loro opere rimasero inferiori alle sabelliche e latine per intento e utilità, non meno che per significazione e bellezza. Questa inferiorità etrusca sulle prime non si può vedere che nell'architettura. La maniera di costruzioni a poligono, congrua quanto bella, è frequente nel Lazio e nei vicini paesi interni, rara nell'Etruria, ove nemmeno le mura di Cere sono costruite di masse poligonali. Persino nella singolare importanza religiosa e storico-artistica dell'arco e del ponte nel Lazio si può riconoscere un presentimento dei futuri acquedotti romani e delle romane vie consolari. Gli Etruschi invece hanno ripetuto il modo di costruzione degli Elleni, ma l'hanno anche guastato, poichè applicarono non di rado e con poca destrezza all'architettura in legno le leggi stabilite per l'architettura murale, e col tetto acuminato ed erto e con i vasti intercolonni diedero al loro tempio, per parlare con un antico architetto, un «aspetto largo, basso, puntellato e pesante». Nella ricca abbondanza dell'arte greca i Latini hanno trovato ben pochi elementi che rispondessero al loro energico e geniale modo di sentire, ma quel poco che presero se lo appropriarono idealmente e intimamente, e nello sviluppo delle costruzioni delle mura a poligono essi hanno superarto i loro maestri; l'arte etrusca è un meraviglioso testimonio di attitudini apprese meccanicamente e meccanicamente conservate, ma insieme una prova di scarsa intuizione ed assimilazione artistica, che può paragonarsi alla meravigliosa destrezza manuale e all'impotenza ideale dell'arte cinese. Insomma, per quanto si vada a rilento, converrà risolversi di posporre nella storia dell'arte italica gli Etruschi dal primo all'ultimo posto, come già da gran tempo si smise l'uso di far derivare l'arte greca dall'etrusca.
FINE DEL PRIMO VOLUME
Le prime cinque righe si ripetono tre volte. La traduzione specialmente dell'ultima riga è molto incerta. Le tre iscrizioni del vaso d'argilla del Quirinale dicono: ioue sat deiuosqoi med mitat nei ted endo gosmis uirgo sied – asted noisi ope toitesiai pakariuois – duenos med feked (= bonus fee fecit) enmanom einom dze noine (probabilmente = die noni) med malo statod. Solo alcune parole sono certamente comprensibili; sono notevoli anzitutto le formole che noi conoscevamo come umbre ed osche, come l'aggettivo pacer e la particella, einom, equivalente ad et e che qui ci appaiono verosimilmente come antiche latine.