21. Divisione e classificazione dei sudditi.
Nè può negarsi del resto, che fra le arti della signoria romana non eccellesse quella di dividere i sudditi, come si fece sciogliendo le federazioni italiche, istituendo gran numero di comunità di poco conto e graduando il peso del dominio secondo le diverse classi dei sudditi.
Nel modo stesso che Catone, per sua confessione, governava la sua famiglia in modo da non permettere che gli schiavi fossero in troppa concordia fra loro, e anzi si studiava di mantener vivi i dissidi e le gare, così faceva anche Roma; il mezzo non era bello, ma era efficace.
E una più larga e generale applicazione di questo politico accorgimento fu fatta colla ricostituzione di quante erano le comunità vassalle sullo stesso tipo di Roma, in modo che il governo dei municipi rimanesse affidato alle famiglie nobili e ricche, le quali naturalmente vennero a trovarsi in più o meno recisa opposizione con le moltitudini, e che tanto a cagione dei loro interessi economici, quanto della loro situazione politica nel comune, non potevano far altro che appoggiarsi su Roma.
Ne abbiamo chiarissimo esempio nel modo con cui vennero assestate le cose a Capua, la quale, siccome pareva la sola fra le città italiane che potesse competere con Roma, così fu trattata fin da principio colla più previdente diffidenza.
Della nobiltà capuana si fece sotto ogni aspetto un corpo privilegiato; tribunali speciali, luoghi distinti per raccogliersi a consulta, e persino larghi assegni sull'erario della comunità; v'erano mille e seicento pensionari, a ciascuno dei quali si dovevano pagare 450 stateri. Furono questi cavalieri campani quelli che, tenendosi fuori dalla grande sollevazione latino-sabellica del 414 = 340, in gran parte ebbero il merito di farla fallire; furono le loro buone spade che decisero nel 459 = 295, la vittoria di Sentino contro i Galli venuti in soccorso della lega italica mentre invece i fanti campani furono i primi nella guerra pirrica a rivoltarsi contro Roma togliendole Reggio.
Un altro documento importante per provare come Roma conoscesse l'arte di approfittare delle lotte intestine dei suoi sudditi, dando nel proprio interesse favore agli ottimati, lo troviamo nel modo con cui assestò Volsinii l'anno 489 = 265. In questa città, come a Roma, pare che dopo le solite lotte tra antichi e nuovi cittadini, si fosse stabilita la eguaglianza politica delle due classi. Ma gli anziani ricorsero al senato romano pregandolo di restaurare gli antichi ordinamenti della città; ciò che a coloro che reggevano allora Volsinii, parve, come era veramente, caso di alto tradimento, di cui furono chiamati a discolparsi coloro che avevano promosso quella pratica con Roma.
Il senato sostenne gli anziani, e come quei di Volsinii non seppero adattarsi a quella intromissione, i Romani non solo abolirono gli ordinamenti coi quali allora si reggeva Volsinii, ma rasero al suolo la città che era stata capitale dell'Etruria; esempio tremendo che mostrava agli Italici quello che significasse la signoria di Roma.