11. Inizio della guerra.
Il primo attacco fu diretto contro le fortezze che nei comuni insorti tenevano per i Romani, le quali, dopo avere introdotto prestamente dalla campagna i loro beni mobili, s'affrettarono a serrare le porte.
Silone attaccò la fortezza dei Marsi, la forte Alba; Mutilo la città latina Isernia che sorgeva nel mezzo del Sannio; entrambe opposero la più valida resistenza.
Pare che combattimenti simili avvenissero nel settentrione presso Fermo, Adria, Pinna, nel mezzodì presso Luceria, Benevento, Nola, Pesto, prima e mentre gli eserciti romani si accampavano sui confini del paese insorto.
Dopo che l'esercito meridionale comandato da Cesare fu riunito nel febbraio del 664 = 90 nella provincia campana ancora per la maggior parte fedele ai romani, e in Capua, che pel suo territorio demaniale era di così grande aiuto per le finanze romane, ed ebbe posto nelle più ragguardevoli città federali il necessario presidio, fece il tentativo di prendere l'offensiva e di accorrere in aiuto delle divisioni più deboli, che sotto Marco Marcello e Publio Crasso l'avevano preceduto nel Sannio e nella Lucania.
Ma Cesare fu dai Sanniti e dai Marsi, comandati da Publio Vezio Scatone, respinto con gravi perdite, e l'importante città di Venafro passò agli insorti ai quali consegnò il presidio romano.
Per la defezione di questa città, posta sulla via militare che dalla Campania conduceva nel Sannio, si trovava tagliata fuori Isernia, stretta da ogni parte, ridotta a fidare unicamente nel coraggio e nella costanza della sua guarnigione e del suo comandante Marcello.
Una scorreria fatta da Silla coll'accortezza usata nella missione felicemente portata a fine presso il re Bocco, procurò agli afflitti Iserni per breve tempo qualche conforto; ma tuttavia dopo un'ostinata difesa, verso la fine di quell'anno furono essi costretti per fame a capitolare.
Anche nella Lucania Publio Crasso era stato battuto da Marco Lamponio e obbligato a chiudersi in Grumento, che fu espugnata dopo un lungo e difficile assedio. Bisognò per forza abbandonare alla sorte l'Apulia e le altre province meridionali. L'insurrezione si andava allargando; quando Mutilo a capo dell'esercito sannitico entrò nella Campania, la borghesia di Nola gli offrì le chiavi della città, dandogli così prigioniera la guarnigione romana, il cui comandante fu, per ordine di Mutilo, condannato nel capo, mentre la truppa venne incorporata nell'esercito vittorioso.