4. Organizzazione della pirateria.
La pirateria aveva cambiato totalmente natura. Non erano più arditi malandrini quelli che nelle acque di Creta, tra Cirene ed il Peloponneso, detto – nel linguaggio dei corsari «mare d'oro» – mettevano a contribuzione il grosso commercio italo-orientale di schiavi e di oggetti di lusso; non erano neanche cacciatori armati di schiavi, che esercitavano al tempo stesso «la guerra, il commercio e la pirateria»; era una casta di corsari con un singolare spirito di corpo, con una solida e assai notevole organizzazione, con una propria patria e con una rudimentale simmachia, e senza dubbio anche con determinati scopi politici.
Quei corsari si dicevano Cilicii, ma in realtà sulle loro navi si raccoglievano disperati ed avventurieri di tutte le nazioni: soldati licenziati dalle piazze di arruolamento di Creta, abitanti delle città e dei villaggi distrutti in Italia, Spagna ed Asia, soldati ed ufficiali degli eserciti di Fimbria e di Sertorio: in generale la feccia di tutte le nazioni, i fuggitivi perseguitati di tutti i partiti vinti, tuttociò che vi era di miserabile e di temerario: e dove non si trovavano malvagità e calamità in quei malaugurati tempi? Non era più una banda di ladri, ma uno stato militare consolidato, in cui la solidarietà della proscrizione e del delitto teneva luogo di nazionalità e nel quale il delitto, come avviene così spesso, garentiva dal delitto per lo spirito di corpo.
In un'epoca di dissoluzione, in cui la codardia e l'anarchia avevano fiaccati tutti i legami dell'ordine sociale, gli stati legittimi potevano specchiarsi in questo stato bastardo, figlio del bisogno e della forza, nel quale solo fra tutti gli altri sembravano essersi ricoverati l'inviolabile unione, lo spirito di corpo, il rispetto per la fede data e per i capi eletti nel proprio seno, il valore e la destrezza.
Sebbene sopra il vessillo di questo stato fosse scritto il motto della vendetta contro la società, che a torto o a ragione aveva cacciato da sè i suoi membri, si potrebbe discutere se quel motto fosse molto peggiore di quelli dell'oligarchia italica e del dispotismo dei sultani orientali, che sembravano in procinto di dividere il mondo fra di loro.
I corsari sentivano di poter stare al livello di qualsiasi stato legittimo; abbiamo ancora parecchi aneddoti caratteristici di pazza giovialità e di costumi cavallereschi di banditi, che rendono testimonianza della loro ambizione, della loro magnificenza e della loro giovialità di briganti. Essi credevano, e se ne vantavano, di essere impegnati in una giusta guerra con tutto il mondo; quanto essi ne ritraevano non era considerato come cosa rubata, ma come bottino di guerra; e se venendo catturati i corsari potevano essere certi d'essere messi in croce nel primo porto romano, essi si ritenevano a loro volta in diritto di mettere a morte qualunque loro prigioniero.
La loro organizzazione politico-militare fu stabilita specialmente all'epoca della guerra mitridatica.
Le loro navi, per lo più piccole barche a vela, aperte, veloci, delle quali solo poche erano quelle a due o tre ponti, correvano ora i mari organizzate in squadre comandate da ammiragli, i cui navigli solevano brillare coperti d'oro e di porpora.
Nessun capitano pirata richiesto d'aiuto lo rifiutava al camerata minacciato, anche se questi gli era affatto sconosciuto; un trattato conchiuso con uno dei pirati era riconosciuto valido da tutta la società, come ogni offesa fatta ad uno di loro era vendicata da tutto il consorzio. La loro vera patria era il mare dalle Colonne d'Ercole sino ai lidi della Siria e dello Egitto; essi trovavano facilmente gli asili di cui abbisognavano sul continente, per sè e per le loro case galleggianti, sulle coste della Mauritania e della Dalmazia, nell'isola di Creta e soprattutto sulla costa meridionale dell'Asia minore, così ricca di seni e di nascondigli, che allora dominava la via principale del traffico marittimo ed era, per così dire, senza padrone.
La lega delle città cilicie e i comuni della Pamfilia non contavano molto; la stazione romana che esisteva in Cilicia dal 652 = 102 in poi, non bastava per dominare la lunga costiera; il dominio siriaco sulla Cilicia non era esistito mai che di nome e da poco tempo era persino stato surrogato dal dominio armeno, il cui sovrano, da vero gran re, non si curava del mare e lo abbandonava volentieri alle spogliazioni dei Cilici.
Non è quindi da sorprendere se qui prosperassero più che in qualsiasi altro luogo. Essi non solo vi possedevano dappertutto sulla costa dei segnali e delle stazioni, ma avevano costruito le loro rocche anche nei più remoti nascondigli dei paesi erti e montuosi dell'interno della Licia, della Pamfilia e della Cilicia, nelle quali, mentre essi percorrevano i mari, nascondevano le loro mogli, i loro fanciulli e i loro tesori e, dove in tempi pericolosi, trovavano asilo essi stessi.
Simili rocche da pirati abbondavano specialmente nell'aspra Cilicia, nelle cui foreste essi trovavano nello stesso tempo il miglior legname per la costruzione delle loro barche e dove perciò si trovavano i principali loro cantieri ed arsenali. Non doveva quindi destare meraviglia, se questo regolare stato militare si era formato fra le città greche marittime, le quali erano più o meno abbandonate a sè stesse e si amministravano da sè, una solida clientela, che in base ad accordi stabiliti trattava coi pirati di affari commerciali come con una potenza amica e che si rifiutò all'invito del governatore romano di mandare delle navi contro i medesimi. La città di Side nella Pamfilia, ad esempio, concesse ai pirati di costruire navi nei suoi cantieri e di vendere sul suo mercato gli uomini liberi fatti prigionieri.
Una tale pirateria era una vera potenza politica e come tale essa si spacciava ed era considerata, da quando per primo il re della Siria, Trifone, se ne era servito per usurpare lo scettro.
Noi troviamo i pirati come alleati sia di Mitridate re del Ponto, sia dell'emigrazione democratica romana; li troviamo che combattono le flotte di Silla tanto nel mare orientale quanto in quello occidentale; troviamo principi pirati che signoreggiano su una serie di città litoranee.
Non sapremmo dire a qual grado di interno sviluppo politico questo stato galleggiante fosse già pervenuto; ma in queste forme si ravvisa senza dubbio il germe di uno stato marittimo che comincia a consolidarsi e dal quale, sotto favorevoli condizioni, avrebbe potuto svilupparsi uno stato durevole.