3. La disunione.
È nella natura di tali dissidi di manifestarsi sulle prime, trattenuti dal sentimento dell'unità nazionale e dalla memoria dei passati pericoli, a rilento e quasi inosservati, finchè a poco a poco dilatandosi sempre più la frattura, si fa manifesta la condizione di violenza tra i dominatori, la cui ragione è solo la forza, e i dominati la cui obbedienza non va più oltre del loro timore.
Sino alla ribellione ed alla distruzione di Fregelle nell'anno 629 = 125, che rivelò, per così dire, il cambiamento ufficiale del carattere della dominazione romana, il fermento, che andava crescendo tra gli Italici, non aveva ancora assunto un carattere rivoluzionarlo.
Il tacito desiderio di eguaglianza dinanzi alla legge si era a poco a poco tramutato in una preghiera ad alta voce, col solo risultato di essere più recisamente respinta quanto più si elevava sonora. Non andò molto che gli Italici si accorsero, che non avevano da sperare una spontanea concessione, e convien supporre che sarà stato vivo il loro desiderio di ottenere con la forza quanto loro veniva negato; ma la situazione di Roma in quel tempo era tale, da non lasciar nutrire alcuna speranza di conseguire questo desiderio.
Sebbene non sia possibile d'indicare convenientemente il ragguaglio dei cittadini e dei non cittadini in Italia, si può ritenere che il numero dei cittadini non fosse molto inferiore a quello del confederati italici e che sopra 400.000 cittadini atti alle armi vi fossero almeno 500.000 e forse 600.000 confederati[1].
Sicchè, così restando le cose, la cittadinanza si trovava unita senza che vi fosse nessun formidabile nemico esterno; la confederazione italica divisa e suddivisa in un numero infinito di comuni urbani e distrettuali e vincolata a Roma da tanti privati e pubblici interessi, non avrebbe mai potuto accordarsi in una situazione comune; nè al governo, adoperando una certa prudenza, poteva venir meno il modo di tenersi soggetti i sudditi più irrequieti e rissosi, servendosi a ciò della compatta borghesia, dei mezzi assai ragguardevoli che gli offrivano le province, e finalmente di un comune per tenere in obbedienza l'altro.