6. L'ellenismo nelle regioni pontiche.
In aperto contrasto con tutti questi barbari sorgevano le colonie greche al tempo della maggiore floridezza del commercio greco, dovuta specialmente a Mileto, fondata su questa costa, parte come emporio, parte come stazione per le importanti pesche, e persino per promuovervi l'agricoltura, che ai tempi antichi, come abbiamo notato, si trovava sul litorale nord-ovest del Mar Nero in condizioni meno sfavorevoli che ai giorni nostri.
Qui gli Elleni, come nella Libia i Fenici, pagavano ai padroni indigeni un censo per l'usufrutto del suolo.
Le più importanti di queste colonie erano la città libera di Chersoneso (vicino a Sebastopoli) sul territorio degli Sciti nella penisola Taurica (Crimea) la quale, sebbene in poco favorevoli condizioni, prosperava abbastanza per la sua buona costituzione e lo spirito di patriottismo dei suoi cittadini; nella parte opposta della penisola, sulla strada che dal Mar Nero conduce al mare d'Azof, Panticapea (Kertsch), retta sin dal 457 = 297 da borgomastri ereditari, poi chiamati re bosforiani, dagli Archeanattidi, dagli Spartochidi e dai Perisadi.
La coltivazione del frumento e la pesca nel mare d'Azof avevano ben presto resa florida questa città. Il suo territorio ai tempi di Mitridate comprendeva pure la parte orientale più piccola della Crimea, compresa la città di Teodosia, e sul continente asiatico, che era di fronte, la città di Fanagoria col territorio dei Sindi.
In tempi migliori i signori di Panticapea sul continente avevano dominato sui popoli stanziati sulla costa orientale del mar d'Azof e sulla valle bagnata dal Kuban colla loro flotta sul Mar Nero; ma Panticapea non era più quella.
In nessun luogo la decadenza della nazione ellenica si sentiva di più che in questo lontano paese di confine. Atene, nei suoi bei tempi, fu il solo stato greco che qui adempisse i doveri di potenza dirigente, doveri che del resto tornarono certamente a vantaggio degli stessi Ateniesi, per il bisogno che essi avevano dei cereali provenienti dal Ponto.
Distrutta le potenza marittima dell'Attica, queste province rimasero in generale abbandonate al loro destino. Gli stati continentali greci non poterono mai porvi stabilmente piede, quantunque Filippo, padre di Alessandro, e Lisimaco ne facessero spesso il tentativo; e anche i Romani, ai quali, colla conquista dell'Asia minore e della Macedonia, era passato l'obbligo politico di proteggere col loro valido appoggio in queste province la civiltà greca che ne aveva bisogno, trascurarono del tutto l'obbligo loro imposto dall'interesse e dall'onore.
La caduta di Sinope e la decadenza di Rodi compirono l'isolamento degli Ellenici sulla costa settentrionale del Mar Nero. Una chiara idea della loro posizione di fronte ai barbari nomadi ce la fornisce una iscrizione trovata in Olbia (presso la foce del Dnieper vicino a Oczakow), che data presso a poco dai tempi di Mitridate.
La cittadinanza non solo è obbligata a inviare al re dei barbari nella sua residenza un tributo annuo, ma quando egli si accampa entro le mura della città, o soltanto vi passa, deve anche presentargli un dono; nello stesso modo si devono trattare i duci di rango inferiore e forse tutta la moltitudine dei barbari; e mal per essa se il dono fosse considerato di poco conto. L'erario della città va male e bisogna impegnare i sacri arredi.
Intanto dinanzi alle porte si affollano i barbari: mettono sossopra il paese, i contadini fuggono in massa, e ciò che è peggio, gli Sciti, i più deboli dei barbari vicini, per porsi in salvo dalla violenza dei Celti, più barbari ancora, tentano di impadronirsi della città murata, così che molti cittadini ne escono e si pensa d'abbandonarla del tutto.