PRIMO CAPITOLO
CAMBIAMENTO DELLA COSTITUZIONE - LIMITAZIONE DI POTERI ALLA MAGISTRATURA SUPREMA
1. Antitesi politiche e sociali in Roma.
Il rigoroso concetto dell'unità e della onnipotenza del comune in tutte le pubbliche occorrenze, concetto che forma il cardine di tutte le costituzioni italiche, dava in mano all'unico capo della repubblica, eletto a vita, un'autorità quasi sconfinata, i cui effetti erano certo formidabili sui nemici esterni, ma pesavano non meno duramente sui cittadini. Da ciò gli abusi e gli eccessi a cui seguivano, come effetti inevitabili, gli sforzi per segnare un limite a quel potere. Ma quel che vi ha di mirabile in questi tentativi di riforma e in questi rivolgimenti politici si è, che mai si ebbe in animo nè di limitare il potere dello stato, nè di privarlo del necessario organismo, e che non si tentò mai di far prevalere di fronte al comune i così detti diritti naturali dell'individuo; tutta la tempesta si riversava unicamente contro la forma della rappresentanza comunale. In Roma il grido del partito progressista dal tempo dei Tarquini sino al tempo dei Gracchi non è dunque la limitazione del potere dello stato, ma solo la limitazione del potere dei magistrati, e anche mirando a questo scopo mai non si dimenticò che il popolo non deve governare bensì dev'essere governato.
Questa lotta ferveva fra la cittadinanza; accanto ad essa però nasceva e cresceva sempre più un altro contrasto: i non cittadini si affannavano per essere pareggiati in tutto ai cittadini di fronte alla legge. Da ciò ebbero origine le agitazioni dei plebei, dei Latini, degli Italici e dei liberti, i quali tutti, o avessero già nome di cittadini come i plebei ed i liberti, o non l'avessero come i Latini e gli Italici, non partecipavano in effetto all'eguaglianza politica, e la reclamavano.
Rimaneva una terza antitesi di natura ancora più generale: l'antitesi tra i facoltosi e i proprietari spossessati o impoveriti. Le condizioni legali e politiche di Roma fecero nascere molte tenute rurali, sia di piccoli proprietari i quali dipendevano dalla grazia di un ricco sovventore, sia di piccoli fittavoli temporanei dipendenti dalla grazia del proprietario del fondo; e in molte maniere vennero spogliando moltissimi individui e interi comuni della proprietà fondiaria senza intaccare la libertà personale. Per tal modo il proletariato campagnuolo salì così presto in tanta potenza, che potè prendere non piccola parte nei destini della repubblica. Il proletariato urbano, per contro, acquistò importanza politica molto più tardi.