3. Pompeo contro Mitridate.
Durante questi avvenimenti Pompeo si trovava in Cilicia. Apparentemente si preparava ad intraprendere l'anno dopo una spedizione contro i Cretesi o per dir meglio contro Metello, in sostanza stava aspettando il cenno che lo chiamasse a porre rimedio agli imbrogliatissimi affari dell'Asia minore.
Ciò ch'era rimasto dell'esercito di Lucullo, dopo le perdite sofferte e dopo il licenziamento delle legioni fimbriane, stava inoperoso sull'alto Ali nel paese dei Trocmi, sul confine del territorio pontico. Provvisoriamente ne aveva ancora il comando Lucullo, poichè il suo successore Glabrione continuava a rimanere nell'Asia minore. E così anche inoperose accampavano nella Cilicia le tre legioni capitanate da Quinto Marcio Re.
Tutto il territorio pontico era nuovamente in potere del re Mitridate, che faceva barbaramente scontare la defezione dei singoli individui e dei comuni, come per esempio Eupatoria, che si erano accostati ai Romani. I re dell'oriente non passarono ad una seria offensiva contro i Romani, sia che essa in generale non entrasse nel loro piano, sia, come fu anche affermato, che lo sbarco di Pompeo nella Cilicia decidesse Mitridate e Tigrane a desistere da ulteriori movimenti.
Più presto di quello che Pompeo stesso non lo potesse sperare la legge manilia realizzò i suoi desideri: Glabrione e Re furono richiamati e i governi del Ponto, della Bitinia e della Cilicia insieme colle truppe che vi erano accampate e la condotta della guerra pontico-armena furono affidate a Pompeo colla facoltà di dichiarare guerra, di concludere pace e di stringere alleanza a suo beneplacito.
Colla prospettiva di così grandi onori e di così ricche spoglie Pompeo tralasciò volentieri di punire un ottimate lunatico e geloso di conservare gli scarsi suoi allori, rinunciò alla spedizione contro Creta e sospese l'ulteriore persecuzione dei pirati, destinando anche la sua flotta ad appoggiare l'attacco da lui progettato contro i re del Ponto e dell'Armenia.
Tuttavia questa guerra continentale non gli fece perdere interamente d'occhio la pirateria, che tentava sempre di rialzare il capo. Prima di lasciare l'Asia (691 = 63) fece disporre le navi necessarie contro i corsari; sulla sua proposta l'anno dopo fu decisa una simile misura per l'Italia, e dal senato fu accordata la somma a ciò necessaria.
Si continuò a coprire le coste con guarnigioni di cavalleria e con piccole squadre. Se anche non si venne completamente a capo della distruzione della pirateria, come lo provano le spedizioni contro Cipro del 696 = 58 e contro l'Egitto del 699 = 55, di cui si farà cenno più tardi, essa dopo la spedizione di Pompeo non ha mai più potuto, nonostante tutte le vicissitudini e le crisi politiche di Roma, rialzare il capo e respingere i Romani dal mare in un modo così assoluto come era avvenuto sotto il governo della corrotta oligarchia.