25. Principi e signori.
Vassalli di secondo ordine erano gli altri numerosi tetrarchi galati: uno di essi, il principe di Trocmeri, Bogodiataro, aveva avuto in regalo da Pompeo per la sua operosità nella guerra mitridatica la città di Mitradation, altre volte città confinaria pontica; il principe di Paflagonia, Attalo, che faceva risalire la sua famiglia sino all'antica dinastia dei Pilemenidi; Aristarco ed altri piccoli signori nel territorio colchico; Tarcondimoto, il quale comandava nelle montuose valli dell'Aman, nella Cilicia orientale; Tolomeo, figlio di Menneo, che signoreggiava in Calcide alle falde del Libano; Areta re dei Nabatei, signore di Damasco; e finalmente gli emiri arabi nelle province al di qua e al di là dell'Eufrate, Abgaro in Osroene, che i Romani, per servirsene come sentinella avanzata contro i Parti, cercavano in tutti i modi di far entrare nel loro giuoco; Sampsicheramo in Emesa; Alcandanio principe dei Rambei, un altro emiro in Bostra.
A questi si aggiungevano i principi-sacerdoti che in oriente signoreggiavano sovente come i sovrani secolari sopra territori e popolazioni, contro la cui autorità, saldamente stabilita in questo paese del fanatismo, i Romani assennatamente ben si guardavano di attentare, o soltanto di metter mano ai tesori dei loro templi; il sommo sacerdote della dea Madre in Pessinunte; i due sommi sacerdoti della dea Ma nella Comana cappadocica (sull'alto Saro) e nell'omonima città pontica (Gymeneck presso Tokat), i quali nelle loro province la cedevano in potenza solo al re, e ognuno dei quali in tempi molto posteriori possedeva ragguardevoli territori con propria giurisdizione e non meno di seimila schiavi addetti al tempio – della carica di sommo sacerdote pontico era stato da Pompeo investito Archelao, figlio dell'omonimo generale di Mitridate passato ai Romani –; il sommo sacerdote di Giove venatorio nel distretto cappadocico di Morimene, le cui rendite annuali salivano a quindici talenti (L. 86.375); il «sommo sacerdote e principe» del territorio dell'inclemente Cilicia, ove Teucro, figlio di Aiace, aveva eretto un tempio a Giove, cui per diritto ereditario presiedevano i suoi discendenti; il sommo sacerdote e principe del popolo ebreo, cui Pompeo restituì la signoria della sua nazione dopo aver raso al suolo le mura della capitale e le rocche ove si conservavano i tesori reali e che servivano di prigioni, colla ammonizione di mantenere la pace e di non imprendere ulteriori conquiste.
Accanto a questi potentati secolari e sacerdotali venivano i comuni urbani. Alcuni erano ordinati in maggiori leghe con una indipendenza relativa, come era particolarmente la ben ordinata lega delle ventitrè città della Licia la quale, per esempio, non prese mai parte alla pirateria. I molti comuni isolati invece, anche quando avevano ottenuto il privilegio d'un governo proprio, erano di fatto assolutamente dipendenti dai governatori romani.