23. Ripresa della guerra.
Quella guerra di intrighi doveva ora cambiarsi in una guerra nazionale asiatica; i re ed i popoli dell'Asia dovevano unirsi contro i prepotenti ed orgogliosi occidentali. Furono fatti i più grandi sforzi per riconciliare gli Armeni ed i Parti e per deciderli alla comune lotta contro Roma.
Dietro sollecitazione di Mitridate, Tigrane si offrì di restituire all'arsacide Fraate il Dio (regnava nel 684 = 70), le province conquistate dagli Armeni, la Mesopotamia, Adiabene e le «grandi valli» e di stringere con esso pace ed amicizia. Ma dopo tutto quello che era avvenuto, questa offerta poteva difficilmente sperare una accettazione favorevole; Fraate preferì di assicurarsi il confine dell'Eufrate piuttosto trattando coi Romani che con gli Armeni e di stare a vedere come l'odioso vicino e l'incomodo straniero andassero fra loro distruggendosi.
Con maggior successo che ai re, Mitridate si volse ai popoli dell'oriente. Non fu un còmpito difficile di rappresentare quella guerra come una guerra nazionale dell'oriente contro l'occidente, poichè essa era tale; e si poteva dire anche guerra di religione e spargere la notizia che la mèta cui mirava l'esercito di Lucullo era il tempio di Nanea o Anaiti nell'Elimaide, il più celebrato e più ricco santuario di tutta la valle dell'Eufrate[4].
Da vicino e da lontano gli Asiatici accorrevano a torme sotto le insegne dei re che li chiamavano a difendere l'oriente ed i suoi dei contro gli empi stranieri. Ma i fatti avevano provato che il solo ammassare una immensa quantità di truppe non solo era cosa inutile, ma, anzi, col mettervi insieme le schiere agguerrite e disciplinate, queste divenivano inservibili e trascinate dalle altre nella generale rovina.
Mitridate si sforzò anzitutto di organizzare l'arma che presso gli occidentali era la più debole e presso gli Asiatici la più gagliarda, la cavalleria: nel nuovo esercito da lui ordinato, la metà delle truppe era a cavallo. Per il servizio a piedi egli scelse con ogni cura i più adatti dalla massa dei coscritti o dei volontari, e li fece addestrare dai suoi ufficiali pontici.
Il considerevole esercito, che di nuovo si trovò sotto le insegne del gran re, non era però destinato a cimentarsi alla prima occasione sul campo di battaglia coi veterani romani, ma doveva limitarsi alla difesa ed alla guerra spicciola.
Già nell'ultima guerra combattuta nel suo regno Mitridate aveva adottato il sistema di ritirarsi evitando ogni battaglia: anche questa volta fu seguìta la stessa tattica, e per teatro della guerra fu scelta l'Armenia propriamente detta, il paese avito di Tigrane, non ancora toccato dal nemico, e che per la sua condizione topografica e per il patriottismo dei suoi abitanti, si confaceva eccellentemente a questo modo di guerreggiare.