5. Processo contro Rabirio.
È caratteristico il modo col quale la democrazia procedette in merito all'antica legislazione criminale sui comizi.
Silla non l'aveva propriamente soppressa, ma essa era stata però di fatto sostituita dalle commissioni dei giurati per i delitti d'alto tradimento e per gli assassini, e nessuna persona assennata poteva pensare ad un serio ristabilimento della vecchia procedura ritenuta assolutamente impossibile nella pratica già molto tempo prima di Silla.
Siccome però l'idea della sovranità del popolo sembrava esigere il riconoscimento almeno in principio della legislazione criminale della borghesia, così il tribuno del popolo Tito Labieno citò nel 691 = 63 quel vecchio, che trent'otto anni prima aveva ucciso o si riteneva avesse ucciso il tribuno del popolo Lucio Saturnino dinanzi a quello stesso supremo tribunale criminale straordinario, dal quale, se la cronaca è esatta, re Tullo aveva fatto assolvere Orazio, che aveva ucciso la sorella.
L'accusato era un certo Caio Rabirio, che se non aveva ucciso Saturnino, ne aveva per lo meno portato il capo, onde farne pompa, al banchetto dei nobili, e che era inoltre molto celebre presso i possidenti pugliesi per delitti di sangue e per rapimenti di uomini.
All'accusatore stesso importava forse che questo miserabile fosse inchiodato sulla croce, ma non agli uomini più astuti che operavano col di lui mezzo; si vide quindi con piacere, che il senato anzitutto mitigasse essenzialmente la forma dell'accusa e che poscia l'assemblea popolare adunata per giudicare il colpevole fosse con un pretesto stata sciolta dal partito avversario e così fosse messa da un canto tutta la procedura.
Intanto però i due palladî della libertà romana, il diritto di appello dei cittadini e l'inviolabilità del tribunale del popolo, erano stati un'altra volta confermati come diritto pratico, e il campo del diritto democratico ristabilito di nuovo.