17. Tentativo di riforma dei moderati.
Druso fece la proposta di togliere alla classe dei cavalieri l'ufficio di giurati e di restituirlo al senato, che coll'ammissione di 300 nuovi membri doveva essere posto in grado di adempiere agli aumentati obblighi.
Per giudicare quei giurati che si fossero resi o si rendessero rei di corruzione doveva essere nominata una commissione speciale criminale. Con ciò era raggiunto lo scopo immediato di toglier ai capitalisti i loro privilegi politici e di citarli in giudizio a giustificarsi delle ingiustizie commesse.
Ma la proposta e le intenzioni di Druso non si limitavano a ciò; le sue proposte non erano misure di occasione, ma contenevano un piano di riforme esteso e studiato.
Egli inoltre proponeva di aumentare le distribuzioni del grano e di coprirne le spese coll'emissione permanente di un proporzionato numero di monete di rame inargentato insieme con quelle d'argento e di destinare all'impianto di colonie cittadine tutto il territorio italico ancora indiviso, quindi tutti i beni demaniali della Campania e la parte migliore della Sicilia; finalmente dava agli alleati le più precise assicurazioni di accordar loro la cittadinanza romana.
Così la parte aristocratica mostrò adesso i medesimi concetti di riforma, che erano serviti di base alla costituzione di Caio Gracco: una combinazione strana, eppure facilmente comprensibile.
Era giusto che la tirannide facesse assegnamento sul proletariato assoldato e in certo qual modo organizzato contro l'oligarchia; così se il governo si era già addossato, come un male inevitabile, a spese dello stato il mantenimento del proletariato, ora Druso aveva intenzione di servirsene, almeno pel momento, contro l'aristocrazia del denaro.
Era naturale che la parte migliore dell'aristocrazia, appunto come aveva accettato la legge agraria di Tiberio Gracco, così accettasse volentieri quelle misure di riforma, che, senza toccare la questione del potere supremo, tendevano solo a sanare le antiche piaghe dello stato.
Nella questione dell'emigrazione e della colonizzazione non si poteva veramente andare tanto oltre come la democrazia, poichè la maggior forza derivava al governo oligarchico dal poter liberamente disporre delle province, ed esso si vedeva pregiudicato[3] da qualsiasi durevole comando militare.
L'idea di eguagliare l'Italia alle province e di far conquiste oltre le Alpi non era d'accordo con i principî conservatori, ma il senato poteva facilmente sacrificare i beni demaniali latini e persino i campani, come pure la Sicilia, per sollevare la classe dei contadini e mantenere tuttavia il governo quale era; si aggiunga inoltre, che le agitazioni future non si potevano più efficacemente evitare che colla divisione di tutto il territorio disponibile proposta dalla stessa aristocrazia, e non lasciando altro da dividere, secondo l'espressione di Druso stesso, ai futuri demagoghi, che il fango delle vie e la luce dell'aurora.
E così per il governo, consistesse questo in un monarca o in un determinato numero di famiglie dominanti, era affatto indifferente se tutta o mezza l'Italia fosse stretta dai vincoli della cittadinanza romana; e perciò i riformatori delle due parti dovevano convenire nell'idea di rinnovare[4] con una conveniente ed assennata estensione del diritto di cittadinanza, il pericolo del ritorno di una più vasta insurrezione di Fregellae e cercare con ogni cura nei numerosi ed influenti Italici altrettanti alleati per i loro piani.
Quanto recisamente opposti erano i due grandi partiti politici nelle viste e nei disegni intorno alla questione del capo supremo dello stato, altrettanto si accostavano i migliori uomini dei due partiti circa i mezzi da impiegarsi e le tendenze riformatrici, e come Scipione Emiliano può essere annoverato tra gli avversari di Tiberio Gracco e tra i promotori delle sue riforme, così Druso era il successore e il discepolo di Caio, e insieme il suo avversario.
Questi due illustri e generosi giovani riformatori che si rassomigliavano, più che non sembrasse al primo aspetto e anche personalmente, per le loro patriottiche aspirazioni, non erano indegni di incontrarsi oltre la fosca nebbia e gli scandalosi intrighi dei partiti, in più serene ed elevate sfere.