17. Sadducei.
Di fronte a questa ortodossia, che ogni giorno più intristiva sotto l'influenza di una teologia senza idee e di un culto disciplinare opprimente, sorse l'opposizione dei rappresentanti dell'indipendenza nazionale, rinvigoriti nella fortunata lotta contro la signoria straniera, i quali avanzavano precorrendo nel pensiero di un ristabilimento dello stato giudaico i rappresentanti delle antiche grandi schiatte, i così detti Sadducei, i quali in parte erano dogmatici, in quanto che non ammettevano che i libri sacri e non riconoscevano quanto avevano lasciato scritto i sacri dottori, cioè non prestavano alla tradizione canonica che un'autorità, non la canonicità[3]; e in parte politica, poichè invece di attendere come i fatalisti la salvezza della nazione dal potente braccio del dio Zebaoth, l'attendevano dalle proprie armi e specialmente dall'interna ed esterna vigoria del regno di Davide risorto nei gloriosi tempi dei Maccabei.
Questi ortodossi si appoggiavano sul sacerdozio e sulle masse, e combattevano contro i perversi eretici con tutta quella implacabilità, priva di riguardo, con la quale i devoti sono soliti combattere per il possesso dei beni terreni. Invece il partito politico faceva assegnamento sulle intelligenze eccitate dall'influenza dell'ellenismo, sull'esercito, nel quale servivano molti mercenari della Pisidia e della Cilicia, e sui migliori re, che allora lottavano in Giudea contro l'autorità ecclesiastica, appunto come un migliaio d'anni più tardi gli Hohenstaufen contro il papato.
Ianneo aveva saputo con mano forte tenere a posto il clero; sotto i suoi due figli (685 = 69) scoppiò una guerra cittadina e fraterna, mentre i Farisei facevano opposizione al forte Aristobulo, tentando sotto la signoria nominale di suo fratello Ircano, uomo buono e fiacco, di raggiungere il loro intento.
Questa contesa non solo fermò le conquiste degli Ebrei, ma diede anche occasione a nazioni estere d'immischiarsi e di procacciarsi una posizione dominante nella Siria meridionale.