QUATTORDICESIMO CAPITOLO
MARCO LEPIDO E QUINTO SERTORIO
1. L'opposizione.
Alla morte di Silla, nell'anno 676 = 78, lo stato romano si trovava sotto l'assoluto dominio dell'oligarchia da Silla restaurata; senonchè essendo stata fondata con la forza, abbisognava anche in seguito della forza per sostenersi contro i molti suoi nemici occulti e palesi.
Ciò che l'avversava non era già un semplice partito con mire chiare e palesi, guidato da uomini conosciuti, ma una massa dei più eterogenei elementi, i quali si univano sotto il nome generico di partito popolare, ma erano mossi di fatto dai più disparati motivi e dalle più disparate intenzioni e facevano opposizione all'ordinamento dato da Silla alla repubblica.
Erano gli uomini del diritto positivo, che non si occupavano e non si intendevano di politica, ma si sentivano conquisi d'orrore pel dispotismo con cui Silla aveva disposto della vita e delle sostanze dei cittadini.
Ancora vivente Silla, mentre taceva ogni altra opposizione, i giuristi severi si erano pronunciati contro il reggente; così, ad esempio, nelle decisioni giudiziarie venivano considerate come nulle le leggi cornelie, che non riconoscevano a molte borghesie italiche il diritto della cittadinanza romana; così non si riteneva dai tribunali soppresso il diritto di cittadinanza colla prigionia di guerra e colla vendita in schiavitù durante la rivoluzione.
Vi erano poi i residui dell'antica minoranza liberale del senato, la quale nei tempi anteriori si era adoperata per una transazione col partito delle riforme e cogli Italici, ed ora si mostrava nello stesso modo inclinata a temperare la costituzione severamente oligarchica di Silla facendo concessioni ai popolani.
Vi erano inoltre i veri popolani, i radicali moderati di buona fede, i quali sui paroloni del programma del partito mettevano a disposizione sostanza e vita, salvo poi a rimanere dolorosamente delusi accorgendosi dopo la vittoria di non aver combattuto per una cosa, ma per una frase.
Questo partito sentiva anzitutto il bisogno di ripristinare il potere tribunizio che Silla veramente non aveva soppresso, ma spogliato delle sue più essenziali prerogative. Questa istituzione produceva sulla moltitudine un fascino tanto più misterioso in quanto non offriva più alcun vantaggio evidente e pratico e non era propriamente se non un vano fantasma – così che vediamo il nome di tribuno del popolo mettere sossopra Roma ancora mille anni più tardi.
Vi erano anzitutto le numerose ed importanti classi lasciate insoddisfatte dalla restaurazione di Silla, o addirittura lese negli interessi politici o privati. Per tali cause apparteneva all'opposizione la benestante e numerosa popolazione della provincia tra il Po e le Alpi, che considerava naturalmente la concessione del diritto latino, fattale nell'anno 665 = 89, come un acconto del pieno diritto di cittadinanza romana, e che si prestava facilmente ad un'agitazione.
Lo stesso si dica dei liberti, egualmente influenti per il loro numero e per le loro ricchezze, e pericolosi specialmente per il loro agglomeramento nella capitale, i quali non potevano darsi pace di essere stati ridotti di nuovo dalla restaurazione al loro antico diritto elettivo praticamente insussistente.
E così era dei grandi capitalisti che in verità si tenevano accortamente tranquilli, ma che conservavano il tenace loro rancore e il non meno tenace loro potere, come per il passato.
Eguale malcontento regnava tra il proletariato della capitale, che riteneva la vera libertà consistere nel godere la somministrazione gratuita dei cereali.
Ancora più profonda irritazione fermentava nei cittadini colpiti dalle confische ordinate da Silla, sia che vivessero, come quelli di Pompei, nelle loro terre ridotte dai coloni sillani, entro le stesse mura con questi e sempre con essi in continue discordie, sia che si trovassero, come gli Aretini e i Volterrani, ancora di fatto in possesso del loro territorio, ma sempre sotto la spada di Damocle della confisca pronunciata contro di loro dal popolo romano, sia infine che, come specialmente in Etruria, perissero d'inedia nelle antiche loro sedi o come banditi nelle foreste.