16. Rilassamento della censura.
Si è già osservato che la più alta di tutte le cariche, la censura, non fu formalmente soppressa, ma trascurata come anticamente si era fatto colla dittatura.
Praticamente se ne poteva anche far senza. Al completamento del senato si era provveduto diversamente. Da quando l'Italia andava di fatto esente da imposte, e l'esercito si componeva principalmente col mezzo di arruolamenti, la tenuta del registro dei censiti e dei coscritti non aveva più alcuna importanza, e nell'elenco dei cavalieri e nella lista dei votanti entrò il disordine; ciò che forse non sarà stato veduto tanto malvolentieri.
Rimanevano quindi gli affari correnti delle finanze, che i consoli, allorchè si soprassedeva alla elezione dei censori – ciò che avveniva spesso – erano già abituati a disimpegnare, e che ora assumevano come parte delle ordinarie loro incombenze.
Di fronte all'essenziale vantaggio, che derivava all'assoluto potere della suprema magistratura dall'essere stati tolti i censori, era cosa di poco conto, l'aver aumentato da nove a quindici il numero dei pontefici e degli àuguri, da dieci a quindici quello dei conservatori degli oracoli, e il numero dei banchettatori da tre a sette, per soddisfare l'ambizione dei senatori ora molto aumentati.